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Italia, perchè le donne medico sono ancora poche?

Le donne medico nel nostro Paese sono in aumento, e sono anche bravissime. Però, a oggi, sono in numero nettamente inferiore ai colleghi uomini. Perchè esiste questa differenza, questo gender gap in una professione così importante? A simili quesiti ha risposto una recente ricerca condotta da Univadis Medscape Italia – il portale di informazione per i professionisti della salute con notizie, strumenti, aggiornamenti e formazione continua per la classe medica – che ha indagato a che punto siamo nel nostro Paese in tema di gender equity in medicina. Che ha evidenziato, purtroppo, che ancora oggi esistono delle disparità di genere tra i professionisti sanitari in termini di opportunità di carriera, di trattamento sul luogo di lavoro e addirittura di credibilità agli occhi dei pazienti.

Differenze nelle opportunità di carriera

Il sondaggio, condotto on line su su 1.779 intervistati ( 999 maschi e 780 femmine), sottolinea che la progressione della carriera ha lo stesso interessa da parte dei due generi. Però con delle differenze sostanziali nella realtà dei fatti:  il 44% delle donne si sente penalizzata contro il solo 10% degli uomini. L’impatto sembra attenuarsi nel caso del reddito, forse anche per le caratteristiche del campione, per lo più composto da medici dipendenti o convenzionati con il servizio pubblico, dove lo stipendio non è oggetto di contrattazione individuale.

Gli effetti del gender gap

A ribadire che esista un gender gap nella professione medica sono i numeri e le risposte fornite dal panel intervistato. I rappresentanti maschili del campione sono divisi quasi a metà tra chi ha un ruolo direttivo e chi no, fatto che non vale per il sesso femminile: solo 1 donna su 3 ricopre un ruolo apicale, mentre circa il 48% riferisce di aver personalmente subito un trattamento diverso sul luogo di lavoro perché donna. Questo sentimento risulta preponderante nella generazione X (nate tra 1981 e il 2000), probabilmente più consapevole dei propri diritti rispetto alle generazioni precedenti. Anche in questioni in cui teoricamente la qualità scientifica dovrebbe essere l’unico metro di giudizio, le donne hanno la chiara percezione di partire svantaggiate: oltre 1 su 5 trova ingiustificate difficoltà a pubblicare nella letteratura scientifica e 1 su 3 a essere invitata a presentare le proprie ricerche in un consesso di colleghi.

Il ruolo dei pazienti

Ma le dottoresse si sono sentite “giudicate” anche dai pazienti: l’indagine rivela che le donne medico vengono spesso confuse con altri professionisti sanitari – come ad esempio gli infermieri – e hanno una minore credibilità agli occhi del malato, del loro accompagnatore e a volte dei colleghi uomini, specialmente se il rapporto lavorativo è occasionale.

La scuola diventa una seconda casa per 9 genitori su 10

La scuola è come una seconda casa, un luogo in cui relazioni, affetti e inclusione trovano spazio. Un po’ come nel proprio soggiorno. È quanto ha scoperto un’indagine condotta da St. Louis School, la scuola internazionale parte del Gruppo Inspired, insieme ad AstraRicerche. L’indagine ha coinvolto 800 genitori di bambini tra i 4 e i 12 anni, e fa emergere come i bambini a scuola si sentano a casa. Secondo i genitori i propri figli vedono la scuola come luogo delle relazioni (49%), uno spazio in cui si è liberi di esprimersi (35%) e appunto come una seconda casa (33%).

Ispirarsi alle mura domestiche per invogliare a frequentare le lezioni

Secondo 9 adulti su 10 è fondamentale che il proprio figlio a scuola si senta come a casa. Stando al 53% delle famiglie, il sentirsi come a casa porterebbe i bambini a sviluppare un senso di appartenenza che li invoglierebbe maggiormente a frequentare la scuola. Una percentuale minore attribuisce importanza a questo aspetto perché si tratta del luogo in cui il figlio trascorre la maggior parte della giornata (39%), mentre per il 34% la caratteristica ‘casalinga’ della scuola è fondamentale perché non rappresenta solo un luogo in cui ci si istruisce, ma dove ci si prepara a vivere nel mondo e si matura. Proprio per questo, la scuola dovrebbe ispirarsi alle mura domestiche, e nello specifico, al soggiorno. 

Un luogo di divertimento intelligente, oltre che di istruzione

Emerge sempre di più, inoltre, come le famiglie italiane non considerino l’ambiente scolastico impersonale e privo di significato, ma esattamente il contrario.
Secondo l’83%, è molto importante che questo sia anche un luogo in cui educare all’interazione con gli altri e dove valorizzare le diversità. Per l’82% dei genitori è molto importante che sia anche luogo di divertimento intelligente, oltre che di istruzione, dando agli insegnanti anche il compito di educazione al gioco, soprattutto i più piccoli, che attraverso le dinamiche ludiche imparano a relazionarsi con l’altro, a rispettare le regole, a dialogare, e naturalmente, a usare l’immaginazione.

L’ambiente giocoso favorisce l’apprendimento

Secondo i genitori le aule della scuola devono essere stimolanti per la fantasia (l’83% indica come molto o abbastanza importante questo aspetto), e comunicare un senso di parità tra gli alunni (l’81% lo ritiene molto o abbastanza importante). Inoltre, 8 genitori su 10 ritengono che un ambiente giocoso favorisca l’apprendimento. E giudicano molto o abbastanza importante che le classi abbiano soluzioni per le idee non strettamente legate agli aspetti scolastici, o spazi per condividere le idee (78%). La maggioranza dei genitori (80%), poi, definisce molto o abbastanza importante che le classi siano stimolanti per la vista e perfino per il tatto (73%).

Auto nuova, quali sono i criteri di scelta? Gli italiani si focalizzano soprattutto sui costi

Anche in tempi di pandemia, gli italiani non rinunciano alla passione tipicamente tricolore per le auto. Tanto che il mercato dell’auto sta rapidamente riprendendo quota. Ma quali sono gli aspetti fondamentali su cui si concentrano i nostri connazionali prima di effettuare l’acquisto? Ovvero, quali sono i criteri di scelta? L’indagine di Facile.it e MiaCar condotta su un campione rappresentativo dagli istituti di ricerca mUp Research e Norstat rivela che al primo e secondo posto si piazzano rispettivamente prezzo e consumi.

Attenti al portafoglio

Gli italiani, quindi, sono attenti al portafoglio, specie quando si tratta di un investimento importante come lo è l’acquisto i una macchina nuova. Tanto che ben 1 automobilista su 2 ha dichiarato di aver comprato l’auto in base al costo. Come quasi sempre, sono le signore le più attente al budget (51,4% vs 48,4%), così come gli over 65 (56,4%). Gli uomini e i giovani sono invece quelli meno interessati al prezzo. In ogni caso, la questione portafoglio è importante anche per la seconda voce di questa classifica, che vede i consumi come il secondo aspetto più importante per i compratori. Il 37,2% dei rispondenti ha dichiarato di aver cercato un’auto con consumi ridotti. Fanno più attenzione a questa caratteristica gli uomini (38,6% vs 35,6% del campione femminile) e gli under 24 (40,7%). 

Il budget conta

Ritorna l’aspetto economico anche al quinto posto, preceduto di poco dalla marca del veicolo, importante per il  32,7% del campione, e dall’estetica del mezzo: appena fuori dal podio c’è infatti la voce spese di gestione, che guida le scelte del 18% della popolazione italiana al volante. Qualche piccola differenza fra le priorità espresse da uomini e donne c’è: le signore preferiscono le city car o comunque le auto piccole, mentre i signori sono maggiormente interessati alle dotazioni tecnologiche di sicurezza del veicolo (21% vs 15,3 del campione femminile) e alla potenza del motore (16,1% vs 9,2%). Solo il 14,2% dei rispondenti ha indicato lo spazio dell’abitacolo tra i criteri più importanti nella scelta dell’auto, mentre ancor meno, il 13,8%, guarda alle dimensioni del bagagliaio, percentuale che però sale a quasi il 20% nella fascia di rispondenti con età compresa tra i 35 e i 44 anni.

Le informazioni si cercano in rete

Prima di acquistare, però, gli italiani vogliono informarsi su modelli e prestazioni. E dove lo fanno? Al primo posto c’è internet, usato da più di 6 rispondenti su 10. In particolare, si consultano i siti delle case automobilistiche (38,5%), i siti di informazione (27,6%) e quelli di annunci (15,4%); solo il 9%, invece, lo fa tramite social network.

Nel 2020 23 milioni di italiani hanno comprato o venduto oggetti usati

La Second Hand Economy rappresenta una leva strategica per incidere positivamente sul futuro, tanto che nel 2020 ha generato un valore di 23 miliardi di euro, pari all’1,4% del PIL italiano. Guidata principalmente dall’online, che pesa 10,8 miliardi euro, il 46% del totale, questa forma di economia circolare sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nel nostro mercato, anche in conseguenza dell’emergenza Covid-19. Nel 2020 sono stati infatti 23 milioni gli italiani che si sono affidati alla second hand, il 14% per la prima volta, e che hanno portato la compravendita dell’usato a salire al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più diffusi. La conferma arriva dalla settima edizione dell’Osservatorio Second Hand Economy, condotto da BVA Doxa per Subito.it.

Cosa si compra e vende online?

Tra chi nel 2020 ha acquistato o venduto oggetti usati, il 63% l’ha fatto online, Le categorie più acquistate? Principalmente Casa & Persona (67%), Sport & Hobby (61%), Elettronica (55%) e Veicoli (33%), e tra i prodotti, Libri e riviste (30%), Arredamento e Casalinghi (29%) e Informatica (27%). Per quanto riguarda la vendita, gli italiani vendono principalmente oggetti di Casa & Persona (63%), Elettronica (47%), Sport & Hobby (46%) e Veicoli (22%). Tra le categorie di prodotti più venduti online, arredamento e casalinghi (29%), Abbigliamento e accessori (28%), e Telefonia (21%).

Dare valore alle cose

Comprare o vendere prodotti usati si conferma tra i comportamenti sostenibili più diffusi degli italiani (54%), aggiudicandosi il terzo posto, che fino al 2019 era occupato dall’acquisto di prodotti a km 0 (50%). Il 70% poi compra o vende più di 2 volte l’anno, e cresce anche il numero di oggetti scambiati. Ma a crescere è anche la vita media degli oggetti: per il 62% il bene acquistato verrà collezionato, oppure cessato il suo utilizzo verrà donato o rivenduto, allontanando così la sua dismissione in discarica. L’economia dell’usato è quindi sempre più un modo per dare valore alle cose (50%), soprattutto per i Millennials (59%). È inoltre una scelta sostenibile (48%), ma anche intelligente e attuale (42%).

Nuove motivazioni guidano la scelta

Tra chi acquista scende la percentuale di chi fa second hand per risparmiare (50% vs 59% nel 2019), mentre in crescita rispetto all’anno precedente la volontà di contribuire all’abbattimento degli sprechi (47%), o chi lo considera un modo intelligente di fare economia (44%). Entra in gioco anche la motivazione legata alle mutate esigenze manifestate a seguito dell’emergenza da Covid-19, come la scoperta di cosa può servire o di cosa si può fare a meno (13%). Tra le ragioni che spingono alla vendita, il primo driver resta sempre la necessità di liberarsi del superfluo (73%), il 39% vende perché è contro gli sprechi e il 34% per guadagnare. Emergono poi nuove motivazioni nate nel corso del 2020, come l’adattamento degli spazi di casa a DAD e/o smart working (13%), assecondare esigenze appena nate (12%), ma anche un peggioramento della situazione economica (11%).

Dove è bene posizionare il condizionatore?

Il condizionatore è sicuramente un dispositivo in irrinunciabile in casa, dato che è in grado di rendere l’ambiente più fresco d’estate e più caldo in inverno. Grazie al suo lavoro è dunque possibile migliorare il comfort in casa e vivere in un ambiente ancora più piacevole ed accogliente.

I moderni condizionatori d’aria tra l’altro, sono in grado di svolgere efficacemente il proprio lavoro consumando molta energia in meno rispetto a quanto avveniva con i climatizzatori di vecchia generazione. Più efficienza e maggior risparmio dunque, ma anche una minore produzione di inquinamento e più rispetto per l’ambiente.

Dove installare il nuovo condizionatore d’aria?

Una domanda che molti spesso si pongono quando decidono di acquistare un nuovo condizionatore è quella relativa alla stanza in cui installarlo. C’è chi preferisce il soggiorno e chi invece desidera posizionarlo nelle camere da letto per dormire più al fresco. C’è chi opta per la cucina e chi invece lo vuole posizionare in corridoio.

Iniziamo Intanto con il dire che posizionare il condizionatore nella parte sbagliata di casa può influire negativamente sul rendimento ma anche aumentare i consumi. Per questo motivo è bene ponderare con calma le stanze e la posizione esatta in cui ubicare un nuovo condizionatore.

I consigli per posizionare il condizionatore nel modo giusto

Un primo consiglio è quello di evitare di posizionare il condizionatore dietro delle tende o dei grandi mobili in quanto ciò impedirebbe all’aria di circolare liberamente. Inoltre, bisogna tenere a mente che il condizionatore è collegato all’unità posizionata sulla parete esterna tramite dei tubi, e per questo è bene collocarlo in prossimità di una parete che dia proprio sulla facciata esterna dell’edificio.

Inoltre, dato che l’aria fredda tende a posizionarsi verso il basso, è bene posizionare in alto il condizionatore così che questo possa diffondersi in maniera uniforme in tutto l’ambiente. A tal proposito non è consigliabile l’installare il condizionatore in corridoio dato che qui gli ambienti sono ristretti e l’aria non avrebbe la possibilità di circolare in maniera corretta, costringendo la macchina ad impiegare maggiori energie per rinfrescare l’aria.

In definitiva il consiglio è quello di posizionare un condizionatore in ogni stanza dando la preferenza a quelle in cui si trascorre la maggior parte del tempo e chiaramente evitando il corridoio.

I condizionatori Mitsubishi sono tra i migliori in commercio ed offrono un design in grado di sposarsi perfettamente con qualsiasi tipo di arredamento, oltre alla fantastica possibilità di essere azionati direttamente tramite il WiFi.

Le piante fanno bene alla salute, soprattutto al lavoro

Le piante non solo rallegrano e rendono più fresco un ambiente domestico, ma anche l’ambiente lavorativo. Non solo, tenere una pianta sulla scrivania dell’ufficio e prendersene cura abbassa i livelli di stress e migliora la vita lavorativa. La conferma una ricerca giapponese condotta da Masahiro Toyoda, Yuko Yokota, Marni Barnes e Midori Kaneko, che hanno analizzato l’uso pratico delle piante d’appartamento allo scopo di aumentare la salute mentale dei dipendenti. L’obiettivo della ricerca era verificare l’effetto di riduzione dello stress derivante della interazione con una pianta a seguito di una sensazione di affaticamento durante le ore d’ufficio.

Verificare l’impatto psicologico e fisiologico indotto dalle piante da interno

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista HortTechnology ed è stata condotta presso l’Università di Hyogo, ad Awaji, in Giappone, allo scopo di verificare scientificamente l’impatto psicologico e fisiologico indotto dalle piante da interno. Invece di condurre esperimenti in un ambiente di laboratorio i ricercatori hanno calcolato la riduzione dello stress sui dipendenti in ambienti di ufficio reali. Questo tramite l’interazione con una pianta, scelta e accudita dallo stesso soggetto, in un ambiente di ufficio reale.

“Al momento, non così tante persone comprendono e sfruttano appieno il beneficio che le piante possono apportare sul posto di lavoro – afferma Toyoda -. Abbiamo deciso che era essenziale verificare e fornire prove scientifiche dell’effetto di riduzione dello stress che le piante possono produrre”.

Cambiamenti nello stress prima e dopo aver posizionato la pianta sulla scrivania

Il team di ricerca ha studiato i cambiamenti dello stress psicologico e fisiologico prima e dopo aver posizionato una pianta sulle scrivanie dei lavoratori. La ricerca ha coinvolto 63 lavoratori, divisi in due gruppi e invitati a riposarsi per tre minuti quando si sentivano affaticati, riporta AGI. A differenza del gruppo di controllo, che non prevedeva l’interazione con la pianta, il gruppo di lavoratori che doveva prendersi cura di una piccola pianta manifestava una diminuzione della frequenza cardiaca in modo significativo dopo un riposo di 3 minuti, e a seguito dell’interazione con la loro pianta da scrivania.

Una soluzione economica e utile per migliorare le condizioni dei dipendenti

Ai partecipanti è stata offerta una scelta di sei diversi tipi di piante da tenere sui loro banchi, piante aeree, piante bonsai, cactus san pedro, piante a fogliame, kokedama o echeveria. Ogni partecipante ha scelto uno dei sei tipi di piccole piante da interno, e lo ha posizionato vicino al monitor del PC sulla propria scrivania. La ricerca dimostrerebbe che l’ansia diminuisce significativamente con l’interazione attiva (osservare e accudire la pianta) rispetto all’interazione passiva (scelta e posizionamento della pianta), in ogni fascia d’età e di impiego del campione di soggetti considerato. Toyoda e il suo team suggeriscono agli imprenditori che le piccole piante da interno potrebbero essere una soluzione economica e utile per migliorare le condizioni d’ufficio dei dipendenti, promuovendo e facilitando la salute mentale degli impiegati. 

Elezioni europee, attenzione alla privacy sui social

In vista delle prossime consultazioni elettorali europee, e alla luce del nuovo quadro normativo introdotto dal Regolamento Ue in materia di protezione dei dati personali, il Garante della Privacy ha approvato un provvedimento specifico che fissa le regole per il corretto uso dei dati degli elettori da parte di partiti, movimenti politici, comitati promotori, sostenitori e singoli candidati. I messaggi politici e di propaganda inviati agli utenti dei social network devono perciò rispettare le norme in materia di protezione dei dati. I casi recenti di profilazione massiva degli elettori dimostrano che è fondamentale proteggere il processo elettorale, ed evitare rischi di interferenze e turbative esterne.

Obbligo di consenso per trattare i dati reperibili sul web

Per contattare gli elettori, e inviare materiale di propaganda, partiti, organismi politici, comitati promotori, sostenitori e singoli candidati possono usare senza consenso i dati contenuti nelle liste elettorali detenute dai Comuni o in altri elenchi e registri pubblici in materia di elettorato passivo e attivo. Il consenso informato è invece necessario per poter utilizzare recapiti telefonici contenuti negli elenchi telefonici, e per trattare i dati reperibili sul web, come, ad esempio, quelli presenti nei profili dei social network e di messaggistica, quelli ricavati da forum e blog o raccolti automaticamente con appositi software (web scraping). o dalle liste di abbonati di un provider.

Gli elettori devono essere informati sull’uso che verrà fatto dei loro dati personali

Chi intende utilizzare, acquisendole da terzi, liste cosiddette “consensate” (dati raccolti previa informativa e consenso), è tenuto a verificare che siano stati effettivamente rispettati gli adempimenti di legge, riferisce Ansa. Lo stesso vale per i servizi di propaganda elettorale curata da terzi a favore di movimenti, partiti, candidati.

Gli elettori devono essere sempre informati sull’uso che verrà fatto dei loro dati personali. Se i dati sono ottenuti direttamente presso gli interessati, l’informativa va data all’atto della raccolta. Per i dati acquisiti da altre fonti è necessario che gli interessati siano informati entro un mese. Qualora tale adempimento sia però impossibile o comporti uno sforzo sproporzionato, partiti, organismi politici, comitati promotori, sostenitori e singoli candidati possono esimersi dall’informativa, a condizione che adottino misure adeguate per tutelare i diritti e le libertà dei cittadini, utilizzando, per esempio, modalità pubbliche di informazione.

L’Autorità europea per i partiti politici europee può applicare sanzioni pecuniarie

Il Garante ricorda che la violazione della disciplina sui dati comporta sanzioni che possono essere anche molto onerose, come previsto dal Gdpr. In ragione delle recenti modifiche introdotte dal legislatore europeo al Regolamento Ue 1141/2014 sullo statuto e il finanziamento di partiti e fondazioni politiche europee, in caso di violazione delle norme l’Autorità europea per i partiti politici e le fondazioni politiche europee può applicare sanzioni pecuniarie. Che potrebbero ammontare, nei casi più gravi, al 5% del bilancio annuale del partito o della fondazione.

Per gli italiani la moda deve essere green

Gli italiani sono sempre più attenti agli aspetti etici e di sostenibilità nei consumi. Anche quando si tratta della moda. Due italiani su tre (64%), infatti, dichiarano di non essere disposti ad acquistare articoli di abbigliamento da marchi la cui produzione è associata all’inquinamento, e tre quarti degli italiani, il 72%, pensa che i marchi di abbigliamento debbano assumersi la responsabilità di ciò che avviene nelle loro catene di produzione e distribuzione. Garantendo ai clienti che i loro articoli siano prodotti in maniera ecosostenibile.

Lo rileva un sondaggio effettuato da Ipsos Mori per conto di Changing Markets Foundation e Clean Clothes Campaign, un’indagine di mercato sulla percezione da parte dei consumatori degli standard ambientali e lavorativi nell’industria dell’abbigliamento.

Più trasparenza sulle condizioni di lavoro…

Per quanto riguarda le condizioni di lavoro e di salario 8 italiani su 10 (78%) considerano importante che i marchi dell’abbigliamento dichiarino in maniera trasparente se i propri dipendenti o quelli che lavorano nelle proprie filiere ricevono un salario dignitoso. E il 58% non comprerebbe prodotti da un marchio che non paga i giusti compensi.

Secondo la ricerca, riporta Adnkronos, solo due italiani su 10 (22%) ritengono che l’industria informi adeguatamente i consumatori riguardo all’impatto produttivo sull’ambiente e sulla popolazione. E 8 su 10 (82%) ritengono che i marchi debbano fornire informazioni sugli obblighi assunti e le misure adottate per ridurre l’inquinamento.

…e sulle fibre utilizzate per gli abiti, come la viscosa

I marchi del lusso non sono considerati migliori dei marchi più economici, o dei rivenditori al dettaglio. Il 10% degli italiani, ad esempio, associa il marchio Gucci a una filiera ecosostenibile, contro il 13% di Zara e il 17% di H&M.  Secondo il 71% degli italiani poi i marchi dell’abbigliamento dovrebbero fornire informazioni sui loro produttori di viscosa e il loro impatto sull’ambiente. La viscosa è una fibra vegetale che sta diventando un’alternativa sempre più diffusa al cotone o ai prodotti sintetici. Ma la produzione della viscosa necessita di sostanze chimiche tossiche che hanno effetti nocivi documentati sull’ambiente e sulla salute delle persone se non debitamente controllate.

Una petizione contro la “moda sporca”

Più di 303.000 consumatori dell’UE hanno firmato una petizione lanciata da WeMove per chiedere all’industria dell’abbigliamento di impegnarsi nella produzione di viscosa pulita. “Ci stiamo rivolgendo alle aziende italiane che si occupano di abbigliamento chiedendo di seguire l’esempio di altri marchi UE e firmare la nostra Roadmap per una filiera della viscosa più pulita”, dichiara Urska Trunk della Changing Markets Foundation.

Secondo il rapporto della Changing Market Foundation Dirty Fashion: on track for transformation (La moda sporca: sulla via della trasformazione), i brand del lusso italiani quali Gucci, Prada e Fendi sono stati inclusi tra i marchi peggiori per quanto riguarda la viscosa, accanto a rivenditori al dettaglio della fascia più bassa, come Lidl e Asda.

Il design ed il comfort delle calzature Bruno Bordese

Scopri l’eleganza ed il comfort della calzature Bruno Bordese, marchio che da 25 anni si contraddistingue per l’originalità delle sue creazioni e materiali di grande qualità. Si tratta di prodotti dal design assolutamente inconfondibile ed in grado di arricchire e valorizzare qualsiasi tipo di outfit, in particolar modo quello di chi ama osare e al tempo stesso stupire con il proprio abbigliamento. Una scarpa Bruno Bordese è la scelta giusta per quanti desiderano mantenere un profilo alto seguendo le mode del momento e le tendenze più in voga, mostrando al tempo stesso agli altri parte del proprio carattere. La creatività che caratterizza le calzature Bruno Bordese è il frutto di un accurato lavoro di ricerca di materiali e soluzioni in grado di conferire ad ogni prodotto un design unico e inarrivabile, in grado di fare la differenza, considerando anche la grande resistenza offerta dai materiali impiegati grazie ai quali le calzature sono destinate a durare nel tempo.

Non solo design e materiale performanti ovviamente, ma anche una comodità fuori dal comune ed in grado di coccolare il piede anche se le si indossa e si cammina per parecchie ore al giorno. Ad ispirare le collezioni Bruno Bordese sono principalmente lo stile urbano e quello dei più giovani, ma anche un saper guardare al passato in maniera creativa e artistica. Il saper cogliere importanti aspetti classici e moderni, e applicarli con stile ad ogni calzatura, è il segreto di quel mix perfetto che è possibile ammirare in ogni singola collezione Bruno Bordese. Chi ama apparire e comunicare attraverso il proprio abbigliamento, lasciando che siano anche le scarpe a raccontare qualcosa di noi a quanti ci osservano, apprezza ogni singolo prodotto di queste collezioni così innovative ed in grado di conquistare giovani e meno giovani, uomini e donne accomunati dal desiderio di vestire in maniera ricercata ed in linea con le tendenze del momento.

Frutta e verdura, bastano tre porzioni di frutta e verdura. E non cinque

Altro che una mela al giorno: ci hanno sempre detto che per stare bene e vivere a lungo servono cinque porzioni quotidiane di frutta e verdura. E invece arriva il contrordine: cinque sono troppe, di porzioni ne servono tre purché abbondanti. La rivelazione è il risultato di uno studio condotto da una prestigiosa università canadese, presentato di recente a un congresso di cardiologia a Barcellona.

La dose perfetta? Da 375 a 500 grammi al giorno

Lo studio che ha portato a queste conclusioni è davvero imponente: ha seguito per sette anni e mezzo migliaia di persone, in 18 paesi. E, in base ai dati riscontrati durante l’analisi, il più basso rischio di mortalità riguarda le persone che consumano da tre a quattro porzioni al giorno di legumi, vegetali e frutta, pari a un totale che varia da 375 a 500 grammi. C’è addirittura una regola aurea, quasi una formula matematica: 125 grammi da considerare come porzione per frutta e verdura e 150 per i legumi. La lunga analisi ha riscontrato che le persone che ne corso dello studio assumevano tre porzioni al giorno di frutta, verdura e legumi hanno registrato tassi di mortalità inferiori del 22% rispetto a coloro che non assumevano nemmeno una porzione di vegetali.

La parola agli esperti

“Il nostro studio ha riscontrato il rischio più basso di decessi in coloro che hanno consumato tre o quattro porzioni, equivalenti a 375 a 500 grammi di frutta, verdura e legumi al giorno, con pochi vantaggi aggiuntivi per l’assunzione oltre questa quantità”, ha dichiarato Victoria Miller, autrice principale dello studio. Ancora, sempre in base ai dati raccolti, sarebbe maggiori i vantaggi garantiti dal consumo di frutta rispetto alle verdure, quest’ultime più benefiche se consumate crude.

Guai a consumarne meno

“Non vogliamo suggerire che le persone debbano mangiare meno frutta e verdura – ha dichiarato la ricercatrice Miller  a un quotidiano britannico -.  Pensiamo che questo faccia parte di una dieta salutare e che ci siano benefici nel mangiarne di più”.

I vantaggi del menù green

Un corretto consumo di frutta e verdura – e adesso conosciamo anche le dosi – può allontanare l’insorgenza di malattie cardiovascolari e ridurre il rischio di mortalità. Chiari a tutti sono i tanti benefici anche per il generale benessere psicofisico e per restare in forma. L’Italia, d’altro canto, sembra muoversi bene in questa direzione: l’Istat rivela infatti che nel corso del 2016 il consumo di frutta è aumentato rispetto a quello della carne.