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Gdo e acquisti biologici online: +67% in un anno

Gli italiani preferiscono i prodotti bio: nel 2021 sono 23 milioni le famiglie che consumano prodotti alimentari biologici, 10 milioni in più rispetto al 2012. Di pari passo, continuano a crescere anche gli acquisti di questi prodotti, sia sul mercato interno, per un valore di 4,5 miliardi di euro (+234% rispetto al 2008), sia sui mercati internazionali, dove il valore dell’export bio italiano sui mercati esteri si attesta a 2,9 miliardi di euro, il 671% in più rispetto al 2008. Il 2021, poi, ha consolidato i già positivi risultati del 2020, con un’ulteriore crescita del 5% in un solo anno. A quanto emerge dall’Osservatorio Nomisma, le performance più brillanti riguardano le vendite online veicolate dalla grande distribuzione, tanto che nel corso del 2021 questo canale ha raggiunto una dimensione pari a 75 milioni di euro, segnando una crescita del 67% in un solo anno. Un ulteriore balzo che conferma la tendenza registrata ai tempi del lockdown.

Vendite bio nell’e-grocery: +214% durante il lockdown

A cambiare radicalmente le abitudini di consumo degli italiani è stata la pandemia. Rispetto allo stesso periodo del 2019, le vendite bio nell’e-grocery sono cresciute del +214% durante il periodo di lockdown, e tra maggio e agosto 2020 le vendite di alimentari bio hanno continuato a correre (+182%, rispetto allo stesso periodo 2019) fino alla conferma registrata nel 2021 (+67%). Per questo motivo, FederBio Servizi e Nomisma Digital hanno deciso di unire le forze per sostenere l’intero settore biologico italiano, lanciando il progetto e-BIO, una piattaforma di servizi in grado di rispondere alle esigenze di sviluppo degli strumenti e delle strategie di e-commerce delle aziende biologiche, riporta Askanews.

Una sfida per le aziende del mondo biologico

“L’aumento dei consumi bio, la crescente attenzione degli italiani verso i temi di salute e sostenibilità e le nuove opportunità derivanti dalle politiche rivelano una sfida che le aziende del mondo biologico devono riuscire a cogliere europee – spiegano i promotori -. Il settore del biologico ha infatti delle specificità che vanno tenute presenti se si vogliono cogliere appieno le opportunità che oggi sono presenti sul canale e-commerce e che possono essere intercettate pienamente solo avendo una approfondita conoscenza del prodotto, del mercato, del consumatore e del processo di vendita online”.

L’e-commerce è sempre più strategico per il settore agroalimentare

La mission di e-BIO è quindi quella di supportare il sistema agroalimentare italiano e i suoi attori per cogliere pienamente le opportunità di sviluppo delle produzioni biologiche, riferisce il Sole 24 Ore. “Il canale e-commerce diventa un asset sempre più strategico – commenta Silvia Zucconi, responsabile market intelligence Nomisma -: il trend positivo continuerà anche nei prossimi anni, considerata la progressiva crescita degli acquirenti online e le caratteristiche del profilo del consumatore bio. La transizione digitale delle imprese agroalimentari diventa così un asset imprescindibile”. 

La digital life semplifica la vita degli italiani

Il 70,4% degli italiani ritiene che la digitalizzazione abbia migliorato la qualità della vita, semplificando tante attività quotidiane. Nell’Italia post-pandemia per il 74,4% degli utenti è infatti ormai abituale l’uso combinato di una pluralità di device, e il luogo dal quale ci si connette non ha più importanza: il 71,7% degli utenti svolge ovunque le proprie attività digitali, e il dato sale al 93% tra i giovani.  Anche gli orari sono relativi, con il 25,5% che naviga spesso di notte, e tra i giovani il dato sale al 40%. In questo scenario così avanzato, dove la digital life sembra avere semplificato la vita della maggior parte delle persone, si contano però ancora 4,3 milioni di utenti di dispositivi senza connessione. È quanto emerge dalla ricerca La digital life degli italiani, realizzata dal Censis in collaborazione con Lenovo.

II 90,3% possiede device in linea con le proprie esigenze

Se da un lato sono complessivamente 22,7 milioni gli italiani che lamentano qualche disagio in casa, con stanze sovraffollate in cui è complicato svolgere le proprie attività digitali (14,7 milioni) o connessioni lente o malfunzionanti (13,2 milioni), dall’altro, il 90,3% dichiara di possedere device in linea con le proprie esigenze. Il 71,1% ha una connessione casalinga ben funzionante, e il 67,9% risiede in abitazioni in cui ciascuno ha uno spazio in cui svolgere le proprie attività digitali. Inoltre, il 69,4% si sente sicuro quando effettua pagamenti online, e il 55,6% utilizza almeno qualche volta i servizi cloud.

Anche la vita di coppia si ‘digitalizza’

Se il 55% degli italiani è convinto che la vita di coppia abbia tratto beneficio dalle opportunità offerte dai dispositivi digitali, anche nel rapporto a due si ridefiniscono nuovi equilibri in questa fase di transizione. Il 42,7% dimostra una grande fiducia nel partner e condivide con la dolce metà le password del telefono cellulare, dell’e-mail e dei profili dei social network. Ma sono 14 milioni gli italiani che si lamentano per il tempo eccessivo che il compagno o la compagna passa al cellulare. E sono 7 milioni quelli che rivelano di essersi sentiti gelosi a causa delle interazioni social del proprio partner. Inoltre, 6 milioni spiano le attività del partner sui social, e 12 milioni confessano di visitare anche le bacheche degli ex.

Ma c’è chi non è a proprio agio nell’ecosistema digitale

Complessivamente, 24 milioni di italiani non sono pienamente a loro agio nell’ecosistema digitale. E se 9 milioni riscontrano difficoltà con le piattaforme di messaggistica istantanea, 8 milioni hanno difficoltà con la posta elettronica e con i social network. Inoltre, 7 milioni hanno difficoltà con la navigazione sui siti web, 7 milioni con le piattaforme di streaming per eventi sportivi, film e serie tv, e 6 milioni hanno difficoltà con l’e-commerce. Oltre a questi, 5 milioni non sanno fare i pagamenti online, e 4 milioni non hanno dimestichezza con l’uso delle app e delle piattaforme per le videochiamate e i meeting virtuali.

Podcast, un format giovane che diventa sempre più grande

Nel sempre più vasto mercato del Digital Audio, i podcast continuano a mantenere una posizione di primissimo piano. Lo testimonia la terza edizione dell’indagine “Ipsos Digital Audio Survey”, condotta appunto dall’omonima società di ricerche di mercato (Ipsos). Già nei due anni precedenti il podcast era stato protagonista dell’indagine e ora si consolida ulteriormente quale format che continua a generare grande interesse. Anche se, sottolinea il report, “rischiava di essere oscurato da definizioni poco chiare e misurazioni confuse”. Proprio per questa ragione la ricerca di Ispos vuole essere un punto di riferimento del settore e un tassello importante per lo sviluppo della audio strategy di chi produce contenuti. 

Cosa piace del podcast

In base ai dati, si scopre che i podcast sono uno strumento particolarmente efficace per valorizzare “le produzioni di qualità e rappresentano un contesto potenzialmente ‘ospitale’ per le comunicazioni di brand, poiché offrono un’esperienza di fruizione attenta, coinvolta, immersiva, sicura”. In particolare, è un format apprezzato delle fasce più giovani degli utenti, sebbene ci siano delle evoluzioni. Questi i dati rispetto ai fruitori: il 44% è composto da under 35, ma nel 2021 crescono anche i target adulti, laureati (27%) e professionisti (13%). Anche se con l’evoluzione anagrafica si attenua leggermente la loro connotazione da “early adopter” (i primi a adottare nuove tecnologie, preferenza per prodotti premium), gli utenti podcast si confermano consumatori più responsabili e ricettivi della media.

L’ascolto? Soprattutto sullo smartphone

Lo smartphone si rafforza ancora come dispositivo più usato per ascoltare podcast (79%), il computer (43%) resta al secondo posto, ma in calo, così come i tablet (26%). Il luogo elettivo di ascolto rimane decisamente la casa (81%), seguita a distanza dalla macchina (29%) e dall’ascolto in strada/camminando (23%), mentre la fruizione sui mezzi di trasporto (19%) è ancora in calo (coinvolgeva il 26% degli utenti nel 2019), probabile frutto dell’impatto della pandemia sulla mobilità. L’ascolto podcast avviene mentre si svolgono altre attività in contemporanea (80%), con un andamento da monitorare in futuro e tra le piattaforme utilizzate per ascoltare podcast, la Digital Audio Survey nel 2021 evidenzia che Spotify è la piattaforma più usata seguita da YouTube. ma come vengono scelti i contenuti da ascoltare? Soprattutto in modalità  pull, con l’utente che decide di ascoltare dopo avere cercato in internet un argomento che lo interessava (34%), ma aumenta anche la percentuale – specie fra i giovanissimi fra i 16 e i 25 anni – che si avvicina a specifici podcast grazie al passaparola sui social.

Italiani e aggiornamenti: per il 37% sono causa di litigi in famiglia

I dispositivi tecnologici sono oggetti di uso comune per le persone di tutte le età. I bambini li usano per guardare contenuti e giocare, mentre gli adulti li utilizzano per tenersi in contatto con amici e familiari in tutto il mondo. È importante ricordare, tuttavia, che tutti i dispositivi hanno bisogno di essere aggiornati tempestivamente affinché si possa garantire un livello elevato di sicurezza e prestazioni. D’altronde, gli aggiornamenti dei dispositivi possono influenzare le relazioni tra i familiari: il 37% degli utenti ammette di aver litigato con il resto della famiglia proprio per questo motivo.
È quanto emerge da una ricerca condotta da Kaspersky a livello mondiale, dal titolo Pain in the neck. Secondo i risultati della ricerca di Kaspersky l’attività di aggiornamento coinvolge tutta la famiglia.  La ricerca ha infatti lo scopo di indagare sulle abitudini degli utenti in merito all’aggiornamento dei dispositivi, e se più della metà degli intervistati, il 67%, concorda sul fatto che bambini e parenti anziani hanno bisogno di aiuto per aggiornare i dispositivi, questo spesso si traduce in un conflitto tra familiari. Ma il 34% degli adulti italiani intervistati ritiene che installare gli aggiornamenti sia un’attività frustrante e fastidiosa. Non è quindi una sorpresa che tra i membri della famiglia nascano discussioni su chi dovrebbe occuparsene.

Solo il 10% aggiorna il proprio device in autonomia

Inoltre, sempre secondo quanto emerge dalla ricerca, il 79% degli italiani si occupa di installare gli aggiornamenti su tutti dispositivi di casa, indipendentemente dal fatto che viva da solo o con la famiglia. Solo nel 10% dei casi ogni membro della famiglia aggiorna il proprio device in autonomia. Ma sono i partner (8%) e i figli (3%) i componenti della famiglia meno inclini a occuparsi degli aggiornamenti, quindi, tendono a delegare il compito a qualcun altro.

Quando installare gli aggiornamenti diventa “un affare di famiglia”

“Nelle famiglie moderne ogni componente utilizza un dispositivo tecnologico, ed è proprio per questo che installare gli aggiornamenti diventa un affare di famiglia – dichiara Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky -. Secondo quanto emerso dalla ricerca di Kaspersky, tutti i membri della famiglia sono coinvolti in qualche misura in questo processo. Più di un terzo (37%) degli intervistati litiga, addirittura, con i familiari sull’importanza degli aggiornamenti, il che probabilmente dimostra quanto gli utenti prendano seriamente la loro sicurezza online e quella dei propri cari. L’installazione tempestiva degli aggiornamenti – continua Lehn –  aiuta non solo ad accedere a nuove funzionalità e interfacce, ma anche a garantire un alto livello di sicurezza del dispositivo. Un dispositivo aggiornato mantiene al sicuro i dati personali di tutti i membri della famiglia e funziona in modo rapido e ottimale”.

Il 61% degli gamer italiani gioca sullo smartphone

Il mobile gaming è la principale modalità di gioco per il 61% degli utenti italiani, e nel nostro Paese il tasso di crescita del mercato del gaming è del 10,6%, per un valore si avvicina ai 2 miliardi annui. Deloitte Digital Consumer Trends ha condotto un’indagine sul mercato globale dei videogiochi, che nel 2020 ha raggiunto 135,8 miliardi di dollari. Con un incremento supportato dagli effetti della pandemia da Covid-19, e dal lancio di nuove console e innovazioni, Deloitte prevede poi che entro il 2025 l’industria registri una crescita annuale del +10,2% a livello mondiale. In questo contesto l’Italia mostra uno dei tassi di crescita annuale più elevati (+10,6%).

La pandemia fa crescere il mercato dell’8% a livello globale

Partendo da un giro di affari di circa 1,7 miliardi di dollari si stima inoltre che a causa della crisi sanitaria e delle relative restrizioni governative, il settore in oggetto abbia registrato un’ulteriore crescita dell’8% a livello globale. Dalla ricerca Deloitte emerge che durante il primo lockdown in Italia il 24% ha giocato di più a gaming online, contro una media europea del 16%, e del 43% in Cina. Tale fenomeno è più evidente presso la fascia d’età 18-34 anni, il cui 10% ha acquistato una console a causa del maggior tempo trascorso a casa. Circa un intervistato italiano su tre si è intrattenuto con console, mentre uno su cinque con lettori portatili di videogame, ma il device più utilizzato per i videogiochi risulta essere lo smartphone (61%).

Un mezzo di intrattenimento quotidiano per circa un italiano su cinque

Registrando un tasso di crescita del 7% rispetto al 2019, soprattutto presso donne (+11%) e 45-54enni (+10%), i giochi da mobile si dimostrano un mezzo di intrattenimento quotidiano per circa un italiano su cinque, in linea alla media europea (20%), mentre la quota sale a uno su tre presso i giovani under 24 (27%). A seguito dello scoppio dell’emergenza sanitaria, la categoria delle app di gaming ha registrato 13,3 miliardi di download a livello globale, e questo trend si è tradotto a livello nazionale in un aumento del 36% di download, con un tasso in crescita del mercato del 15%.

Casual/puzzle, carte, board/word e simulazione i più giocati

Le tipologie più giocate sono casual/puzzle (25%), carte (20%), board/word (14%) e simulazione (10%). Ognuna di queste categorie ha registrato un aumento di quattro punti percentuali rispetto al 2019, con differenze significative in funzione dell’età. La modalità di gioco più apprezzata rimane quella single player per circa 9 italiani su 10, anche se nell’ultimo anno i giochi multiplayer hanno visto un aumento di quattro punti percentuali (+7 per i 18-24enni). Un importante segmento dell’industria dei videogiochi, riporta Italpress, è poi rappresentato dagli eSport, i videogame giocati in squadre o singolarmente a livello competitivo all’interno di campionati o tornei.

Export digitale, le opportunità per il Made in Italy

Dopo il calo del –15,3% del 2020 per l’export Made in Italy si attende una ripresa a livello globale, con una stima di 461 miliardi di euro nel 2021 (+9.3%). Nel 2021 è poi previsto un ritorno ai livelli pre-crisi dell’export dei servizi, un mercato che a seguito del forte calo nel 2020 (-29% nel 1° trimestre), è destinato a raggiungere 107 miliardi di euro nel 2021 (+26.2%). Sono alcune evidenze emerse durante l’evento in streaming organizzato da PwC, dal titolo L’Export Digitale per le Pmi: le opportunità per il Made in Italy.

Lo smartphone è il device che cresce di più per gli acquisti

La contrazione delle esportazioni italiane sarà perciò seguita da una graduale ripartenza già nel 2021, ma differenziata in base alle aree geografiche. Occorre quindi acquisire maggiore competitività nelle principali economie di sbocco e nelle venti geografie prioritarie, verso le quali le esportazioni italiane cresceranno complessivamente oltre il 5% in media annua a partire dal 2021. Le restrizioni fisiche e le misure di distanziamento imposte dal contesto pandemico hanno però cambiato le abitudini di acquisto dei consumatori, facendo comprendere ancora di più l’importanza e le potenzialità dei canali digitali e dell’e-commerce per tutte le categorie di merci e servizi. Secondo la Global Consumer Insight Survey 2020 di PwC il 79% dei consumatori acquista online (+5% sul 2019). Di questi un consumatore su cinque fa shopping esclusivamente online, e lo smartphone è il device che cresce di più per gli acquisti digitali (+45%).

Abbigliamento e scarpe, elettronica e beauty trainano lo shopping online

Secondo PwC, scalano la classifica degli acquisti online la categoria di abbigliamento e calzature (53% online vs 22%in store), l’elettronica (41% online vs. 21% in store), la cosmetica (39% online vs 21% in store) e le attrezzature sport&fitness (32% online vs 18% in store). Si dividono invece più equamente fra gli acquisti online e quelli in negozi fisici gli alimentari (33% online vs 32% in store), gli elettrodomestici (30% online vs 23% in store) e i prodotti fai-da-te per la casa (32% online vs 23% in store).

Boom per gli eventi digitali

Nel 2020 gli eventi digitali hanno registrato cifre da record, spingendo gli acquisti: il Global Shopping Festival di Alibaba ha movimentato un valore lordo di merci pari a 62 miliardi di euro in 11 giorni (dal 1 al 11 novembre), mentre il Black Friday 2020 ha registrato una spesa totale negli Stati Uniti di 9 miliardi di dollari e un fatturato del +189% rispetto al 2019 in Italia.

I top marketplace mondiali per numeri di visite sono stati Amazon per gli acquisti generalisti, Zalando per la categoria fashion, BestBuy per l’elettronica, Wayfair per l’arredamento e Barnes&Noble per i libri.

Twitter, gli hacker rubano i numeri di telefono degli utenti

Ancora una volta i social network vengono usati come terreno di caccia per il furto di dati personali. In questo caso è Twitter a essere nel mirino: gli hacker hanno sfruttato una vulnerabilità del social network per rubare i numeri di telefono degli utenti. Si tratta di una pratica denominata scraping, che di solito finisce con lo sfruttamento delle informazioni ottenute a scopo pubblicitario, o con la loro vendita sul mercato nero del dark web. La scoperta risale al 24 dicembre scorso, e a fare luce sull’episodio è stata la stessa Twitter, che ha assicurato di aver sospeso “immediatamente” gli account falsi usati per impadronirsi dei dati.

Una rete di account falsi proveniente da Iran, Israele e Malesia

Il 24 dicembre scorso, spiega la compagnia in una nota, “ci siamo resi conto che qualcuno, tramite una vasta rete di account falsi sfruttava la nostra API per abbinare i nomi utente ai numeri di telefono. Gli account dediti a queste attività erano dislocati in molti Paesi diversi, ma abbiamo rilevato un volume particolarmente elevato di richieste provenienti da singoli indirizzi IP situati in Iran, Israele e Malesia. È possibile che alcuni di questi indirizzi IP possano avere legami con soggetti appoggiati dallo Stato”.

Vulnerabilità nella funzione che aiuta a trovare altri utenti conosciuti

A essere sfruttata da malintenzionati è la vulnerabilità in una funzione, ora corretta da Twitter, che aiuta chi crea un nuovo account a trovare utenti che già conosce. Gli utenti esposti alla vulnerabilità sono soltanto quelli che hanno abilitato l’opzione Consenti agli utenti che hanno il tuo numero di trovarti su Twitter, e che hanno associato un numero di telefono al proprio profilo Twitter. La società non ha reso però noto il numero di utenti potenzialmente coinvolti, riporta Ansa. Lo stesso 24 dicembre scorso, il sito americano TechCrunch aveva dato notizia di un ricercatore di sicurezza, chiamato Ibrahim Balic, che era riuscito a scopo dimostrativo ad abbinare 17 milioni di numeri di telefono ad altrettanti utenti di Twitter usando la stessa vulnerabilità.

I social network sono uno dei fronti più esposti alle minacce di attacchi informatici

“I social network sono ormai da tempo uno dei fronti più esposti alle minacce di attacchi informatici, che mettono a rischio la sicurezza e la privacy degli utenti”, rileva Gabriele Faggioli, responsabile dell’Osservatorio Information security & privacy del Politecnico di Milano e Ceo di P4I-Partners4Innovation. Lo scorso agosto, ad esempio, Instagram ha buttato fuori dalla piattaforma una startup di marketing, Hyp3r, scoperta a raccogliere in modo illecito i dati degli utenti a scopo pubblicitario. Il caso più eclatante resta però quello di Cambridge Analytica, per aver messo le mani sui dati di 87 milioni di utenti Facebook usati per veicolare spot politici nella campagna referendaria britannica sulla Brexit e nelle elezioni presidenziali americane del 2016.

Instagram vietata ai minori di 13 anni. Nuove regole per la sicurezza dei giovanissimi

Novità in arrivo per Instagram. Dopo avere fatto sparire i like il social network ora mette in campo alcuni nuovi aggiornamenti per proteggere i più giovani. Aggiornamenti già annunciati come parte del proprio investimento per la sicurezza dei giovani attivi sulla piattaforma. In particolare, ai nuovi utenti ora verrà chiesto di comunicare la propria età prima che si iscrivano, perché la rinnovata policy della piattaforma prevede un’età minima di 13 anni per poter registrare un account. I minori di 13 anni, pertanto, non potranno più iscriversi.

Inoltre, se gli account di Facebook e Instagram sono collegati fra loro, verrà automaticamente aggiunta la data di nascita che si trova sul profilo Facebook. E se si dovesse modificre la data di nascita sul profilo Facebook, questa verrà cambiata anche su Instagram.

In arrivo una nuova impostazione nei messaggi in direct

Se invece non si possiede un account Facebook, o se i due account non sono collegati, è possibile aggiungere o modificare la propria data di nascita direttamente su Instagram. Nelle prossime settimane, poi, verrà introdotta anche una nuova impostazione nei messaggi in direct, che permetterà agli utenti di scegliere di non ricevere più messaggi, o di non essere aggiunto ai gruppi di chat, da persone che non vengono seguite, riporta una notizia Adnkronos.

Adeguare le diverse esperienze all’età degli utenti

“Questi cambiamenti permetteranno a Instagram di adeguare le diverse esperienze offerte dalla piattaforma all’età dei suoi utenti con un’attenzione particolare ai più giovani e assicurando, allo stesso tempo, che i minori di 13 anni non vi possano accedere – spiega una nota del social network -. In passato Instagram non ha mai chiesto l’età delle persone perché si è sempre posta come un luogo dove potersi esprimere liberamente. Per questa ragione – prosegue la nota – non verrà comunque mostrata la data di compleanno alle altre persone della community”.

Obiettivo, accrescere ulteriormente i livelli di protezione

“Questi cambiamenti rappresentano un passo in avanti nello sforzo di tutelare i più giovani, ma non significa che Instagram si fermerà qui – si legge ancora nella nota -. Nel corso dei prossimi mesi verrà studiato come le nuove informazioni potranno contribuire ad accrescere ulteriormente i livelli di protezione. Ad esempio i più giovani verranno incoraggiati a utilizzare tutti gli strumenti di controllo dell’account e della privacy che la piattaforma mette a loro disposizione”.

I danni dell’obsolescenza programmata su economia e ambiente

Si chiama obsolescenza programmata, e scatena i reclami dei consumatori delusi da dispositivi elettronici ed elettrodomestici che cessano di funzionare troppo presto. Secondo Altroconsumo, le problematiche più frequenti riscontrate, ad esempio, in uno smartphone sono batteria, touchscreen e caricatore, nei televisori telecomando, schermi e connettori, nei pc ancora una volta sono le batterie a non funzionare al meglio, seguite da hard disk e alimentatori. Ma dalle lavatrici che si rompono e che non conviene o è impossibile riparare agli smartphone con sistemi operativi impossibili da aggiornare dopo un anno, deriva una produzione dei cosiddetti Raee, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, che raggiungerà 12 milioni di tonnellate entro il 2020.

Altroconsumo e associazioni europee lanciano il progetto Prompt

Contro il fenomeno dell’obsolescenza programmata, che comporta elevati costi per l’ambiente, l’economia e le tasche dei consumatori, Altroconsumo e le organizzazioni di consumatori di Spagna, Belgio e Portogallo, lanciano il progetto Prompt (Premature Obsolescence multi-stakeholder product testing programme) con una piattaforma online dove è possibile segnalare casi di questo tipo, inserendo dati e caratteristiche del prodotto malfunzionante. Più alto sarà il numero di segnalazioni, maggiore sarà la forza delle azioni che saranno intraprese per tutelare i consumatori da questa pratica.

Incentivare i consumatori a utilizzare i prodotti più a lungo

L’obiettivo del progetto Prompt è proprio quello di sviluppare un programma di test indipendenti per valutare la longevità dei prodotti elettronici. Diversi membri del Beuc, la federazione europea di organizzazioni di consumatori, hanno aderito all’iniziativa, che oltre a stimolare i produttori, servirà anche a incentivare i consumatori a utilizzare più a lungo i prodotti, a ripararli e ad accettare anche prodotti di seconda mano. I risultati dei test andranno anche a delineare i prodotti migliori per ciascuna categoria considerata. Anche la Commissione europea ha adottato nuove regole per incoraggiare i produttori a progettare prodotti pensando alla rigenerazione, al recupero e al riciclo. Recente anche il nuovo regolamento Ecodesign, adottato dalla Commissione europea, emanato proprio come misura per sostenere la riparabilità e la riciclabilità dei prodotti.

L’Unione Europea sostiene riparabilità e riciclabilità

Il pacchetto prevede una regolamentazione che rende obbligatorio mantenere sul mercato per almeno 7 anni alcuni pezzi di ricambio. Le 10 categorie di strumenti tecnologici coinvolti sono frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, display elettronici, motori elettrici, trasformatori, alimentatori, impianti di illuminazione, frigoriferi con funzioni di vendita e attrezzature per saldatura. Un provvedimento, riporta Adnkronos, che contribuirà agli obiettivi di economia circolare, migliorando la durata della vita, la manutenzione e il riutilizzo degli apparecchi. E al tempo stesso alleggerirà le tasche delle famiglie.

Facebook e il fact-checking anche sulle immagini

Indispensabile controllare le notizie per evitare il diffondersi di “bufale” e garantire la corretta informazione. Ma le fake-news non sono solo scritte, viaggiano anche in foto e per questo Facebook ha deciso di verificarle già dallo scorso marzo utilizzando la stessa filiera già attivata per gli articoli. Anche in questo caso, il sistema è un mix di intelligenza artificiale e umana. Un lavoraccio, se si considera che attualmente gli utenti del mondo Facebook-Instagram sono circa 2,2 miliardi.

Come funziona il controllo

Come riporta un recente approfondimento dell’Agi, un sistema di machine learning elabora diversi segnali (tra i quali le indicazioni degli utenti) per rintracciare i contenuti sospetti. Li analizza o li spedisce ai partner, che saranno formati su tecniche di verifica specifiche per le immagini, da affiancare alle competenze giornalistiche e accademiche che già possiedono. Il responso dei collaboratori ha un doppio ruolo: oltre a quello di distinguere informazione attendibile e false, istruisce ulteriormente l’intelligenza artificiale, che apprende dalla propria esperienza e da quella umana. Più precisamente: foto e video saranno analizzati dai 27 partner di Facebook (in Italia l’unico è Pagella Politica) che, in 17 Paesi, già controllano i contenuti scritti. Ma Menlo Park, sede di Facebook, ne sta selezionando altri per espandere la propria rete. La product manager Antonia Woodford di Facebook scrive in un post che occorre “identificare e agire più velocemente contro diversi tipi di disinformazione”.

Ogni paese ha le “sue” bufale

I contenuti fake si diffondono in modi diversi, che variano da Paese a Paese. “Negli Stati Uniti, ad esempio, gli utenti affermano di incontrare più disinformazione negli articoli. Mentre in Indonesia osservano più immagini fuorvianti” ha fatto sapere il social media di Mark Zuckerberg. Tuttavia, da Facebook spiegano che sarebbe un errore ragionare per compartimenti stagni. “La stessa bufala può viaggiare attraverso diversi tipi di contenuti, che non possono essere trattati come “categorie distinte. È quindi “importante costruire difese contro la disinformazione attraverso articoli, foto e video”.

C’è anche Rosetta, la cacciatrice di meme 

E’ già attivo (da pochi giorni) Rosetta, l’intelligenza artificiale cacciatrice di meme, immagini e video, dal contenuto divertente, ma allo stesso tempo anche offensivo: il suo lavoro è enorme, deve infatti elaborare circa un miliardo di contenuti al giorno tra Instagram e Facebook. In modo da identificare “automaticamente” quelli che “ledono le politiche sull’incitamento all’odio”. Niente scherzi, quindi, sui social.