Gli italiani sono phygital ma le aziende non sono pronte

I consumatori italiani ricercano un’esperienza fluida nell’utilizzo congiunto del canale fisico e digitale per tutto il ciclo vita dei loro acquisti. In pratica, sono sempre più phygital. Ma a che punto sono le aziende? Secondo il 65% degli italiani, la maggior parte di brand e retailer presenti in Italia è ancora lontana dall’offrire un buon livello di soluzioni integrate tra canale fisico e online. A quanto emerge da Gli italiani e le esperienze di acquisto Phygital, la ricerca di BVA Doxa in collaborazione con Salesforce Italia, se infatti le soluzioni phygital incontrano il gradimento del 96% del campione intervistato, solo il 21% dichiara che i negozi hanno realizzato gran parte di queste soluzioni.

Il negozio fisico mantiene un ruolo centrale per la spesa alimentare

Il punto vendita fisico è nettamente preferito per fare la spesa alimentare (86% per i prodotti freschi e 84% per i prodotti da dispensa). Gli aspetti più graditi sono la possibilità di vedere e toccare con mano i prodotti (66%), poter avere subito gli oggetti desiderati (52%) e interagire con il personale di vendita (47%).
Un aspetto critico di scelta è l’assistenza post-acquisto: il bisogno di rassicurazione nel post-vendita (47%) viene soddisfatto anche dall’online, che però delude più facilmente le aspettative. I driver di scelta che spingono gli italiani a fare spese in digitale sono, in particolare, la possibilità di avere prezzi migliori e offerte convenienti (61%), ma anche la comodità di poter effettuare gli acquisti direttamente da casa propria (58%).

I limiti dell’online

L’acquisto online è in grado di attivare maggiormente le leve del desiderio e dell’immaginazione. Lo dichiara il 45% del campione intervistato. Solo il 7% ritiene che il canale fisico faccia viaggiare con l’immaginazione nella fase di scelta. Se entrambi i canali sono in grado di far nascere il ‘colpo di fulmine’ per un prodotto, è però l’online ad avere un limite. Per un italiano su tre (33%) il canale digitale rischia di deludere più facilmente le aspettative rispetto a quello fisico (9%).

I vantaggi del phygital secondo gli italiani

Dai dati raccolti emerge una richiesta forte e trasversale alle diverse esperienze di acquisto phygital. Tra i vantaggi individuati dagli italiani nel potersi muovere in modo fluido, congiunto e soddisfacente tra canale online e fisico, emergono in particolare la possibilità di avere un’esperienza d’acquisto più consapevole e informata (57%), un customer journey più comodo (57%), usufruire di una soluzione in grado di adattarsi alle proprie esigenze (54%), e una maggiore sicurezza negli acquisti (51%).

A Milano tornano a crescere le imprese guidate da under 35

Non succedeva dal 2014: nel 2021 le imprese guidate da under 35 tornano a crescere. Dopo una lunga fase calante, a Milano Monza Brianza le imprese gestite da giovani under 35 hanno registrato una buona performance, che ha visto incrementarsi rispetto al 2020 sia il numero delle nuove nate (+21,6%) sia quello delle imprese attive (+1,2%). E Milano si conferma capitale italiana delle start up innovative: 1 su 5 ha sede in città.
Sono alcuni dei dati emersi in occasione dell’incontro Milano alla prova del futuro. Giovani, innovazione e start up = Risorse, opportunità e sfide, dedicato alla presentazione del rapporto annuale Milano Produttiva, realizzato dal Servizio Studi Statistica e Programmazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi.

Il sistema imprenditoriale

Complessivamente il sistema imprenditoriale di Milano Monza Brianza Lodi registra nei primi sei mesi del 2022 una performance positiva delle iscrizioni, con 17.129 nuove imprese nate. A fronte delle 12.173 chiusure, il saldo tra iscrizioni e cancellazioni è stato positivo: +4.956 imprese, con il contributo determinante di Milano (+4.237). In attesa di sapere quanto inciderà sul quadro economico la situazione geopolitica internazionale, le previsioni sul valore aggiunto indicano per il 2022 una crescita del +2,9% per Milano e Monza Brianza, e +1,7% per Lodi.
Probabilmente alcune aziende, seppur in crisi, ritardano la chiusura, ma la natalità è praticamente tornata ai livelli pre-Covid: tra il primo semestre 2022 e il primo semestre 2019 la differenza negativa è di sole 184 imprese (-1%).

Le start up

Uno dei cluster più interessanti nello scenario locale è quello delle start up innovative. Nell’area di Milano Monza Brianza Lodi, a fine giugno 2022 se ne contano 2.912, il 74,6% del totale regionale e un quinto del nazionale. Inoltre, rispetto a luglio 2021, il loro numero è cresciuto del 5,7% e rispetto a giugno 2019, +48,6%. La gran parte è localizzata nella provincia di Milano (2.737), prima nella classifica nazionale, seguita da Roma (1.599), Napoli (675) e Torino (532). Si tratta di imprese di piccola dimensione, società di capitali, principalmente Srl e Srl semplificate, che operano soprattutto nei servizi avanzati, come produzione di software e consulenza informatica, attività dei servizi d’informazione, ricerca scientifica e sviluppo.

Il trend dei settori economici

Nel primo trimestre 2022 si osserva un consolidamento delle dinamiche territoriali e settoriali. Per l’industria manifatturiera la produzione ha continuato a crescere in tutti i territori. L’incremento più significativo si è registrato in provincia di Monza Brianza (+13,3%), seguita dalla città metropolitana di Milano (+9,6%) e dalla provincia di Lodi (+6,4%). In relazione ai servizi, la dinamica del fatturato è in significativo recupero per la città metropolitana di Milano (+21,1%) e per la provincia di Monza Brianza (+20,4%), mentre la provincia di Lodi (+5,3%) registra un aumento più contenuto. Il commercio ha evidenziato una ripresa del fatturato particolarmente intensa per le province di Monza Brianza (+15,6%) e di Milano (+13%). Dinamica più contenuta per il territorio di Lodi (+7,3%).

Quanto costa alle imprese ogni dato “rubato”? 

Secondo il report Cost of a Data Breach di Ibm, in Italia il danno medio relativo al furto di dati aziendali è di 3,4 milioni di euro, +13% rispetto al 2020, e a livello globale la cifra arriva a 4,35 milioni di dollari. Il livello più alto degli ultimi cinque anni. Considerando che non si parla di spiccioli, a rimetterci sono anche i consumatori, sui quali le aziende scaricano in parte i costi degli attacchi. In pratica, in Italia ogni singolo dato rubato alle imprese costa in media 143 euro, mentre a livello globale si sale a 164 dollari. L’industria farmaceutica è quella più colpita, con 182 euro, seguita dal settore tecnologico, con 174 euro e i servizi finanziari, ogni singolo dato rubato costa 173 euro.

Anche i consumatori pagano le conseguenze delle violazioni

“A pagare le conseguenze delle violazioni alla security non sono più solo le aziende vittime di attacchi, ma sempre più i consumatori”, spiega Ibm. Per far fronte a questi costi, il 60% delle organizzazioni ha infatti aumentato i prezzi dei prodotti e servizi. In pratica, sottolinea Ibm, “i cybercriminali stanno acquisendo un peso sempre maggiore nel definire le sorti dell’economia globale, contribuendo con la loro attività all’incremento dell’inflazione e alle interruzioni nelle catene di approvvigionamento”. 
In ogni caso, se in Italia il primo vettore di attacco è il phishing non è questo a causare i danni più consistenti. Molto più elevati i costi dovuti alla perdita accidentale di dati: in media poco meno di 5milioni di euro.

Pagare il ricatto dei ransomware non conviene 

Molto ricorrenti (uno su dieci) sono i ransomware, attacchi che chiedono un riscatto. Pagare però non è una buona idea: le vittime che hanno scelto di pagare hanno risparmiato solo 610.000 dollari rispetto alle organizzazioni che non l’hanno fatto. Considerando poi che nel 2021 la richiesta media di pagamento è stata di 812.000 dollari, pagare non sembra essere conveniente né a livello operativo né economico. Vanno inoltre considerati altri danni collaterali. Si sta infatti accentuando quello che Ibm chiama ‘effetto persecutorio’: l’83% delle organizzazioni ha subito più di una violazione. Inoltre, il riscatto finanzia indirettamente attacchi futuri, mentre l’azienda potrebbe utilizzare la stessa cifra per migliorare la propria cybersicurezza. In altre parole, si finisce per sostenere l’avversario anziché rafforzare la propria difesa.

I sistemi Zero Trust sono la soluzione

Solo il 40% è in possesso di un livello sufficientemente maturo di sistemi Zero Trust, riferisce AGI, con un approccio che presuppone autenticazione e verifiche. Eppure i risultati sono chiari, le aziende italiane che hanno sistemi maturi sono riuscite a dimezzare i costi dei data breach: 2,16 milioni di euro contro 4,86 milioni di quelle che non hanno ancora adottato contromisure. Il rapporto Ibm conferma quindi come la spesa in sicurezza informatica sia in realtà un investimento, in particolare quando rivolto ad automazione e Intelligenza artificiale. Le organizzazioni che hanno adottato in modo massiccio soluzioni di questo tipo hanno pagato mediamente 3 milioni di dollari in meno.

Industria, a maggio il fatturato cresce del 23,6% su base annua  

Il fatturato dell’industria segna una crescita a doppia cifra. Lo rivela l’ultimo rapporto dell’Istat, riferito a di maggio 2022. In base alle stime al netto dei fattori stagionali, il fatturato aumenta dell’1,4%, in termini congiunturali, registrando una dinamica positiva su entrambi i mercati (+1,5% quello interno e +1,1% quello estero). Nel trimestre marzo-maggio 2022 l’indice complessivo è cresciuto del 7,8% rispetto al trimestre precedente (+8,0% sul mercato interno e +7,3% su quello estero). I dati, in apparenza decisamente positivi, vanno però letti anche sotto un’altra prospettiva. A incidere in modo così significativo sull’incremento è stato l’aumento dei prezzi, in particolare quelli energetici. Il fattore diventa evidente quando si va a confrontare il valore e il volume del fatturato. L’Istat rileva che in termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario, si registra un incremento marcato del valore del fatturato sia in termini complessivi sia con riferimento ai principali raggruppamenti di industrie, con aumenti particolarmente significativi per il comparto energetico. La crescita in volume, tuttavia, risulta decisamente più contenuta. A fare la differenza, sono appunto i prezzi.

Dinamica positiva su entrambi i mercati

Al netto dei fattori stagionali, l’aumento è dell’1,4%, in termini congiunturali, registrando una dinamica positiva su entrambi i mercati (+1,5% quello interno e +1,1% quello estero). Nel trimestre marzo-maggio 2022 l’indice complessivo è cresciuto del 7,8% rispetto al trimestre precedente (+8,0% sul mercato interno e +7,3% su quello estero). Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, a maggio gli indici destagionalizzati del fatturato segnano aumenti congiunturali per l’energia (+9,8%) e per i beni intermedi (+2,4%), mentre si registrano lievi flessioni per i beni strumentali (-1,0%) e per i beni di consumo (-0,2%). Corretto per gli effetti di calendario, il fatturato totale cresce in termini tendenziali del 23,6%, con incrementi del 24,2% sul mercato interno e del 22,4% su quello estero.

Il valore più alto dal 2000

“Seppure in leggera attenuazione rispetto al mese precedente, prosegue a maggio la crescita congiunturale del fatturato dell’industria, con l’indice destagionalizzato che tocca il livello più elevato dall’inizio della serie storica (gennaio 2000). L’indicatore di volume, calcolato a prezzi costanti e relativo al solo comparto manifatturiero, mostra invece una leggera flessione rispetto al mese precedente” si legge nel testo dell’Istituto di Statistica. “In termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario, si registra un incremento marcato del valore del fatturato sia in termini complessivi sia con riferimento ai principali raggruppamenti di industrie, con aumenti particolarmente significativi per il comparto energetico. La crescita in volume, tuttavia, risulta decisamente più contenuta”.

Musei e teatri: tornano a crescere le entrate, ma ancora poca innovazione digitale

Secondo i dati emersi dall’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2021 i numeri riferiti da musei, monumenti e aree archeologiche italiani testimoniano una decisa ripresa delle entrate da biglietteria. Anche per i teatri i numeri indicano una ripartenza, seppur meno decisa, anche a causa della minore possibilità di sfruttare il traino della stagione estiva. Sul fronte dell’innovazione digitale a supporto dei processi, per musei e teatri nell’ultimo anno i numeri sono rimasti stabili, mentre su quello della produzione e distribuzione di contenuti digitali si è assistito a una razionalizzazione.

Quanto è digitale il settore della cultura?

Gli strumenti digitali sono ormai un supporto importante ai processi gestionali nel settore della cultura. I teatri presentano mediamente livelli leggermente più alti dei musei: l’acquisto online, ad esempio, è disponibile nel 78% dei teatri e incide sul totale delle entrate in maniera più significativa rispetto ai musei. Dal sito del teatro transita, infatti, mediamente l’11% dei ricavi, e da altri intermediari online il 12% (musei, 7% e 4%). Quanto alle attività di marketing digitale, il 59% dei teatri fa advertising online o sui social, il 23% Search Engine Optimization, il 10% remarketingm il 58% raccoglie dati in modalità digitale e il 14% ha investito in sistemi di cybersecurity e data protection. Ambiti che registrano percentuali inferiori di adozione da parte di musei, monumenti e aree archeologiche rispetto ai teatri.

Investimenti digitali: dove puntare 

Gli indicatori su cui musei e teatri risultano allineati riguardano l’attenzione alla pianificazione strategica e la presenza di personale dedicato all’innovazione digitale. In entrambi i comparti, solo 1 su 5 ha un piano strategico dedicato al digitale e 1 su 2 non ha nessuna risorsa dedicata. Guardando agli investimenti futuri, per i musei si conferma prioritario lavorare su conservazione e digitalizzazione della collezione, che impegnerà il 28% delle risorse. Riprende centralità anche la digitalizzazione dei servizi di supporto alla visita in loco, per cui si stima verrà stanziato il 19% sul totale degli investimenti.  Per i teatri l’investimento in digitale si concentrerà su marketing, comunicazione e customer care (40%) e ticketing, gestione delle prenotazioni e controllo accessi (18%).

Cresce il ticketing online

Per la fase di ispirazione e ricerca lo strumento più utilizzato sono i canali ufficiali del museo (sito, account social e newsletter, 49%), seguito da motori di ricerca (40%), passaparola (23%) e commenti e recensioni (22%). Nei teatri il canale più utilizzato è il motore di ricerca (28%), seguito dal passaparola (26%). Per la fase di acquisto, si conferma per i musei la prevalenza della biglietteria fisica (45%), tuttavia, è ormai diffuso anche l’utilizzo della biglietteria online sul sito dell’istituzione (30%) o di un rivenditore autorizzato (14%). Per gli spettacoli teatrali, invece, l’online è il canale prevalente, probabilmente anche per gli effetti della pandemia: il 34% ha acquistato sul sito del teatro e il 17% su quello di un rivenditore.

Il 91% di tutti i cyberattacchi inizia con un’e-mail di phishing

In base agli ultimi dati, circa il 91% di tutti i cyberattacchi inizia con un’e-mail di phishing, le cui tecniche sono implicate nel 32% dei casi di tutte le violazioni di dati andate a buon fine. Lo rivelano gli esperti di Kaspersky, che hanno analizzato i dati raccolti da un simulatore di phishing e forniti volontariamente dagli utenti. Questo strumento – il simulatore – consente anche di verificare la maturità informatica dei dipendenti delle aziende, affinchè non si facciano ingannare – per poca esperienza o scarsa conoscenza del fenomeno – da mail ingannevoli. Secondo gli esperti, infatti, quasi un dipendente su cinque clicca sul link, dimostrando la necessità di formazione aggiuntiva sulla cybersecurity.

Le cinque email di pishing più diffuse

Il colosso specializzato nella sicurezza informatica ha anche individuato, attraverso campagne di simulazione, quali sono le tipologie di  email di phishing più efficaci. Nel dettaglio, hanno per oggetto: Tentativo di consegna fallito – Purtroppo il nostro corriere non è riuscito a consegnare il vostro articolo. Mittente: Servizio di consegna della posta. Conversione dei click: 18,5%.; Email non consegnate a causa del sovraccarico dei server di posta. Mittente: Il team di supporto di Google. Conversione dei click: 18%; Sondaggio online tra i dipendenti: Cosa miglioreresti del lavoro in azienda. Mittente: Dipartimento Risorse Umane. Conversione dei click: 18%; Promemoria: Nuovo dress code aziendale. Mittente: Risorse umane. Conversione dei click: 17,5%; Attenzione a tutti i dipendenti: nuovo piano di evacuazione dell’edificio. Mittente: Dipartimento Sicurezza. Conversione dei click: 16%.
Inoltre, tra le altre e-mail di phishing che hanno ottenuto un numero significativo di click ci sono: conferme di prenotazione da parte di un servizio di prenotazione (11%), notifiche di un ordine (11%) e un annuncio di un concorso (10%). Al contrario, le e-mail che minacciano il destinatario o che offrono vantaggi immediati sembrano avere meno “successo”. Ad esempio, un modello con l’oggetto “ho violato il tuo computer e conosco la tua cronologia di ricerca” ha ottenuto il 2% dei click, mentre offerte come quelle di un abbonamento Netflix gratis o di una vincita di 1.000 dollari hanno ingannato solo l’1% dei dipendenti.

“I metodi utilizzati dai criminali informatici sono in costante evoluzione”

“La simulazione di attacchi phishing è uno dei modi più semplici per verificare la cyber-resilience dei dipendenti e per valutare l’efficacia della loro formazione in materia di cybersecurity. Tuttavia, ci sono aspetti significativi che devono essere considerati quando si conduce questa valutazione per renderla davvero efficace. Poiché i metodi utilizzati dai criminali informatici sono in costante evoluzione, la simulazione deve riflettere le tendenze aggiornate dell’ingegneria sociale, oltre agli scenari comuni della criminalità informatica. È fondamentale che gli attacchi simulati vengano eseguiti regolarmente e integrati con una formazione adeguata, in modo che gli utenti sviluppino una forte capacità di vigilanza che consenta loro di evitare di cadere in attacchi mirati o nel cosiddetto spear phishing”, ha dichiarato Elena Molchanova, Head of Security Awareness Business Development di Kaspersky.

Estate, voglia di leggerezza e di vacanza per 12 milioni di italiani

Passare del tempo con gli amici, in leggerezza, meglio ancora se in vacanza e davanti a una birra: ecco, in estrema sintesi, come i nostri connazionali interpretano l’antidoto allo stress. Lo rivela uno studio realizzato da AstraRicerche per Birra Moretti, che ha esplorato il rapporto degli italiani con la leggerezza, scoprendo che per la metà dei nostri connazionali questa attitudine significa condividere il tempo con le persone che ci fanno stare bene.

L’identikit della spensieratezza

Se la buona compagnia delle persone che ci fanno stare bene è la situazione che più di tutte ci alleggerisce la vita e ci rende spensierati (43%), subito dopo gli italiani indicano di sentirsi più leggeri e felici quando sono in vacanza (33%): evadere dalla routine durante l’estate è la situazione che fa più felici ben 12 milioni di italiani. Che si sentono a loro agio soprattutto quando sono a contatto con la natura (29%), una situazione radicata nello stile di vita sempre più “outdoor” dei nostri connazionali. Un concetto, quello del viaggio e della vacanza, che è strettamente legato alla condivisione del buon mangiare e buon bere, all’aria aperta, che rappresenta per 2 italiani su 10, il momento di leggerezza per eccellenza. Per molti, con una buona birra, che per 4 italiani su 10 (43%) è la bevanda della spensieratezza, capace di accompagnare i momenti conviviali più piacevoli e spensierati, più di vino e spumante.

Il ruolo del cibo e delle bevande

Dallo studio emerge come le occasioni di convivialità, legate al buon mangiare e bere, possono contribuire a rendere la vita più leggera: la pensano così oltre 6 milioni di nostri connazionali. Tra queste al primo posto 4 italiani su 10 (40%) indicano i momenti con gli amici all’aria aperta mangiando street food, seguito dall’apericena informale con gli amici accompagnato da una buona birra (35%) o la cena nel locale preferito (33%). Tra le bevande che incarnano i valori di spensieratezza e leggerezza tanto ricercati in questo momento dagli italiani in testa c’è la birra chiara (43%), seguita dal vino rosso (24%) e dal vino bianco (21%). Subito dopo troviamo cocktail e superalcolici (19%), birra scura (14%) e spumante (13%). Più indietro bevande gasate (11%), succhi di frutta (9%), the e tisane (9%). Insomma, la convivialità attorno a un tavolo rappresenta l’immagine della leggerezza e del buonumore.

L’Italia è meno attrattiva per gli investimenti in rinnovabili

L’Italia passa dal 13° al 15° posto nell’indice che classifica 40 Paesi in base all’attrattività di investimenti e opportunità di sviluppo nel settore delle energie rinnovabili, la classifica mondiale EY. Questa parziale contrazione è confermata in parte anche dalla partecipazione alle aste: la settima asta per le energie rinnovabili dell’Agenzia statale per l’energia (Gse) è stata sottoscritta con un totale di 975 MW di capacità, assegnata tra 59 progetti solari fotovoltaici e 18 progetti eolici onshore di 3400 MW disponibili. Questi valori indicano una partecipazione ridotta a tutte le sette aste svolte, e nell’ottava asta il Gse metterà a disposizione 3300 MW di capacità non aggiudicata nei round precedenti. È quanto emerge dalla 59° edizione del report EY Renewable Energy Country Attractiveness Index (Recai).

Serve una semplificazione burocratica

Per accelerarne lo sviluppo, sono necessarie misure di semplificazione dell’iter approvativo dei progetti rinnovabili. Un fattore che ostacola gli investimenti nel settore delle rinnovabili in Italia, e che viene sollevato come priorità di intervento da tanti operatori, è il processo approvativo di nuovi investimenti e repowering. Questo processo richiede il consenso delle autorità locali da cui dipendono in larga parte le tempistiche talvolta molto lunghe di approvazione, e quindi, di realizzazione dei progetti.
Proprio per questo motivo, attualmente si sta valutando un’eventuale proposta di semplificazione burocratica che contribuirebbe a migliorare il posizionamento dell’Italia nei confronti di altri Paesi.

I fattori che favoriscono l’interesse nell’investire

Nonostante il ranking italiano in ribasso, lo stato dell’arte delle rinnovabili nel Paese sta attraversando una fase di significativa trasformazione, in quanto il mercato sta evolvendo grazie a una serie di fattori che favoriscono un forte interesse nell’investire.
Tra i fattori principali, i livelli bassi il costo di produzione (LCOE sotto ai 50 €/MWh) e in costante riduzione grazie all’evoluzione tecnologica e alla buona disponibilità di risorse naturali. A favorire gli investimenti in questo ambito è anche lo sviluppo di contratti di PPA (Power Purchase Agreement) che permettono a stakeholder privati di siglare accordi bilaterali per sostituire parte del proprio approvvigionamento energetico con energia prodotta da impianti rinnovabili.

Più opportunità per l’energia green

Inoltre, i prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica oggi sono incredibilmente alti, comportando un maggiore interesse per l’energia green, meno competitiva sul mercato, perché ha un prezzo inferiore, stabile e non oggetto alle fluttuazioni delle altre commodity. 
Il differenziale elevato tra valore della commodity (ovvero il prezzo all’ingrosso dell’energia) e il costo di produzione, riporta Adnkronos, apre un’opportunità per i fornitori di energia elettrica, ovvero quella di vendere l’energia non a un prezzo pari o simile ai costi di produzione, ma a un valore intermedio rispetto al più elevato PUN (Prezzo Unico Nazionale). Questa opportunità è ancora più attrattiva dal momento che in Italia il mercato presenta un numero finito di nuovi progetti e una crescente domanda. Con l’aumentare dell’offerta e un’auspicabile riduzione del PUN, tale deviazione dovrebbe sgonfiarsi e riportare i valori degli scambi in linea con le previsioni passate.

Allarme prezzo caffè, quanto costa la tazzina da Nord a Sud

Il Italia è emergenza ‘caro caffè’. L’immancabile tazzina, sinonimo di buongiorno per moltissimi italiani, negli ultimi tempi ha registrato una vera e propria escalation nei prezzi. A lanciare l’allarme è Assoutenti, che ha monitorato l’andamento dei listini dell’espresso al bancone. “Nei mesi scorsi avevamo denunciato i primi ritocchi dei listini del caffè nei bar italiani: i numeri ufficiali confermano oggi il nostro allarme, e il trend al rialzo, che oggi sfiora una media annua del +6%, è destinato a proseguire nei prossimi mesi – afferma il presidente di Assoutenti Furio Truzzi – A generare i rincari da un lato il caro-bollette, che impone maggiori costi energetici agli esercenti poi scaricati sui consumatori finali attraverso i prezzi al dettaglio, dall’altro le tensioni nelle quotazioni delle materie prime, che hanno portato a rincari per beni come caffè e zucchero. A fare le spese di tale situazione sono i consumatori, considerato che in Italia si consumano ogni giorno 9,3 milioni di tazzine di espresso al bar”.

Le differenze di prezzo possono arrivare al 40%

Il prezzo medio nazionale del caffè è oggi di circa 1,10 euro contro 1,038 euro del 2021,  afferma Assoutenti. Che però ha calcolato che che la tazzina al bar raggiunge 1,25 euro, con prezzi in aumento fino al +16% rispetto al 2021. Ma le variazioni di prezzo di un espresso al bar, tra il Nord e il Sud dello Stivale, possono arrivare anche al 40%. Ma cosa cambia da città a città? Il top del costo si raggiunge in Trentino Alto Adige, con i bar di Trento che vendono l’espresso consumato al banco in media a 1,25 euro, 1,24 euro a Bolzano. Anche a Cuneo il caffè costa 1,24 euro. In ben 3 province dell’Emilia Romagna (Ferrara, Ravenna e Reggio Emilia) l’espresso abbatte la soglia psicologica di 1,20 euro, così come in Veneto (Rovigo e Venezia), mentre a Padova e Vicenza il prezzo medio è di 1,19 euro. Il caffè più economico d’Italia – avverte Assoutenti – è quello servito dai bar di Messina (0,89 euro), seguita da Napoli, città dove l’espresso è una tradizione storica (0,90 euro) e da due province calabresi (Reggio Calabria e Catanzaro, 0,92 euro).

I rincari in percentuale sull’anno scorso

L’associazione dei consumatori ha poi messo a confronto i listini attuali con quelli in vigore lo scorso anno: si scopre che per il caffè al bar i rincari dei prezzi sono generalizzati e raggiungono quota +16% a Pescara, +15% a Catanzaro, +13,6% a Cosenza, +13,5% ad Alessandria, +12,8% a Bari, +12,7% a Cuneo. Solo 5 province, Napoli, Biella, Lucca, Novara e Macerata, hanno mantenuto stabile il prezzo medio del caffè, mentre in tutte le altre città italiane si registrano aumenti anche pesanti.

Quando premere il tasto Invio non basta a difendere i nostri dati

Un grandissimo numero di siti web raccoglie di nascosto tutto ciò che viene digitato all’interno di un modulo online, anche se l’utente cambia idea e lascia il sito senza premere il tasto Invio.  Insomma, la convinzione che non sia successo nulla finché non si preme il pulsante Invia e che i dati inseriti non andranno da nessuna parte, è errata. I nostri dati sono già andati da qualche parte. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori della KU Leuven, della Radboud University e dell’Università di Losanna dopo aver analizzato più di 100 mila siti web.

Servizi di marketing e analisi dei dati

Di fatto, molti siti incorporano servizi di marketing e analisi di terze parti, che raccolgono i dati dei moduli indipendentemente dall’invio. I ricercatori hanno scoperto che Meta e TikTok stavano utilizzando i propri tracker di marketing invisibili per raccogliere dati anche da altre pagine web. I siti che avevano utilizzato Meta Pixel o TikTok Pixel, frammenti di codice che consentono ai domini dei siti di tracciare l’attività dei visitatori, avevano una funzione di ‘corrispondenza avanzata automatica’.
In pratica, quando si inseriva un indirizzo e-mail nella pagina in cui era presente Meta Pixel facendo clic sulla maggior parte dei pulsanti, o link che portavano gli utenti lontano da quella pagina, i dati personali venivano presi da Meta o TikTok.

Una pratica simile a quella dei key logger

Secondo le stime dello studio, negli Stati Uniti 8.438 siti potrebbero aver fatto arrivare dati a Meta tramite il suo Pixel.
In sostanza, la pratica è simile a quella dei cosiddetti key logger, programmi dannosi che registrano tutto quello che digita un determinato soggetto. I ricercatori hanno notato alcune diversità in questa pratica: alcuni siti hanno registrato i dati battuta per battuta, mentre molti hanno acquisito gli invii completi quando gli utenti hanno fatto clic su quello successivo. 
Secondo i ricercatori le differenze potrebbero essere legate al fatto che le aziende sono più caute riguardo al tracciamento degli utenti e integrano con un minor numero di terze parti. Questo a causa del regolamento generale sulla protezione dei dati UE.

Al centro di questa trama ci sono gli indirizzi e-mail

“I marketer si affidano sempre più a identificatori statici come numeri di telefono e indirizzi e-mail perché le aziende tecnologiche stanno gradualmente abbandonando il monitoraggio degli utenti basato sui cookie per motivi di privacy”, ha sottolineato Güneş Acar, professore e ricercatore della Radboud University, come riporta Agi. La ricerca ha utilizzato un software che simulava un utente reale, che visitava pagine web compilando pagine di accesso o registrazione senza inviare, e ha rilevato che 1.844 siti nell’Ue avevano raccolto gli indirizzi e-mail senza il consenso dell’utente. Negli Stati Uniti è stato anche peggio, con 2.950 siti che hanno fatto lo stesso.