Posts By Salvatore Cannoli

Dopo il Covid Italia cresciuta più dei big della UE

Lo sostiene l’Ufficio studi della CGIA: nonostante il rallentamento dell’economia in questo ultimo anno e mezzo l’Italia ha superato meglio dei suoi principali competitor europei gli effetti negativi provocati da crisi pandemica, caro energia e crescita esponenziale dei tassi di interesse.
Tra il 2019 e il 2023 l’Italia ha segnato una variazione del Pil del +3%, contro il +2,33% della Spagna, il +1,83% della Francia e il +0,73% della Germania. 

Un trend positivo che a ottobre 2023 ha spinto il tasso di occupazione a toccare il 61,83%.
Oggi in Italia si contano quasi 23,7 milioni di addetti, un record mai raggiunto in precedenza.
Turismo, manifattura, consumi delle famiglie, investimenti ed export hanno sostenuto la ripresa, la più ‘brillante’ tra i principali Paesi dell’Eurozona.

Nessun trionfalismo

Povertà, disoccupazione femminile, lavoro nero, tasse, burocrazia, evasione, inefficienza della PA e debito pubblico però continuano ad affliggere l’Italia e a frenare la crescita.

Nonostante le chiusure delle attività, i divieti alla mobilità e la contrazione dei consumi provocata dal Covid nel biennio 2020-2021, l’aumento dei costi delle bollette di luce e gas e l’impennata dei tassi di interesse determinata dalla Bce, le misure economiche/sociali messe in campo dagli ultimi esecutivi hanno sortito l’effetto sperato. Ovvero, hanno evitato una crisi sociale e garantito una ripresa dell’economia che nessuno prevedeva. O quasi. 

Un debito pubblico tra i più alti del mondo

Tra contributi a fondo perduto, ristori, indennizzi, misure di sostegno al reddito, crediti di imposta, tra il 2020 e il 2022 i governi hanno messo a disposizione di famiglie e imprese 180 miliardi di euro. Per mitigare il caro bollette, invece, sono stati erogati altri 90 miliardi di euro.
Complessivamente, quindi, sono stati stanziati oltre 270 miliardi, che hanno ‘anestetizzato’ gli effetti negativi provocati da pandemia e caro energia.

Certo, non sempre questi soldi sono stati spesi bene o sono finiti nelle tasche di chi ne aveva più bisogno.
Inoltre, l’incremento della spesa ha contribuito ad aumentare decisamente il nostro debito pubblico, che rimane tra i più alti al mondo.
Tuttavia, sono risorse erogate per non far collassare l’economia, e il risultato è stato raggiunto. 

Più veloci di tutti?

Tra i 20 paesi dell’Area dell’euro, quelli demograficamente più piccoli hanno registrato le crescite più elevate. Rispetto al periodo pre-Covid, infatti, l’Irlanda è cresciuta del 33,1%, Malta +14,4%, Cipro +14,2%, Croazia +13,4%, Lituania +8,3% e Slovenia +7,7%.

Di contro, i paesi più importanti hanno registrato variazioni nettamente inferiori, e se l’Italia ha segnato un +3% la media europea è stata del +3,5%.
Nel 2023 la previsione di crescita del nostro Paese dovrebbe essere del +0,7%, dato nettamente inferiore al +2,4% stimato per la Spagna e leggermente più contenuto rispetto al +1% in capo alla Francia. La Germania, invece, con una variazione del -0,3% rispetto al 2022 rimane in recessione.

Perchè poche aziende italiane sfruttano il potenziale trasformativo del Purpose?

Il Purpose è il motivo alla base dell’esistenza di un’organizzazione, e la sua centralità negli ultimi anni ha assunto un ruolo sempre più rilevante da parte dei principali decisori economici, sociali e politici.
Ma com’è vissuto il Purpose nel nostro Paese? Quali sono i benefici attesi, i maggiori ostacoli per una sua piena attuazione, e i legami più forti con le trasformazioni di business?

Capire come le aziende stiano provando a ridefinire i propri meccanismi di funzionamento, e migliorare il rapporto con le comunità in cui operano, facendo proprio il motivo fondamentale per cui un’impresa esiste, è tra gli obiettivi ispiratori dello studio “Purpose & Business Transformation: the state of the art in Italy”, realizzato da BVA Doxa, BCG BrightHouse e Polimi Graduate School of Management.

Nei Servizi è più “chiaro” e rilevante

Il 70% dei C-Level e manager dichiara che la propria azienda ha un Purpose chiaro. Questo è vero soprattutto nel settore dei servizi (76%), ma in generale, l’interesse per il Purpose nei prossimi cinque anni è destinato a registrare un notevole aumento per il 69% degli intervistati.

Per il 62% degli intervistati (73% dei ceo) le aziende che implementano e vivono il Purpose riscontrano forti vantaggi nell’ottenimento degli obiettivi aziendali, per il 58% nell’esperienza quotidiana dei dipendenti e per il 57% nella costruzione della reputazione esterna dell’azienda.

Il potenziale del Purpose non è ancora pienamente sfruttato in Italia

Il 40% dei ceo e dei manager intervistati sostiene però che il Purpose non è pienamente sfruttato come risorsa nella propria azienda.
Inoltre, per il 60% dei ceo la sfida più grande è allineare i collaboratori con la leadership.

Ma se l’attenzione al Purpose è destinata a crescere nei prossimi cinque anni, così come gli investimenti e lo sforzo delle imprese, rispetto a una prima fase in cui i temi di identità e di valori sono stati percepiti soprattutto nella loro dimensione sociale, ora se ne colgono con maggior nitidezza i tratti strategici e il potenziale trasformativo.

Una sfida su cui si gioca il futuro e la credibilità delle imprese

Insomma, i tempi sono maturi affinché i leader e i board delle organizzazioni si riapproprino di Purpose e di identità, facendo spazio nelle loro agende e vivendolo come un esercizio autentico e rigoroso.

In un’epoca che vede mercato del lavoro, audience e stakeholder, sempre più esigenti e determinati nel loro ruolo di ‘forze attive’, sulla sfida del Purpose si gioca il futuro e la credibilità delle imprese, chiamate a dimostrare un impegno forte e coraggioso su questa tema.

Allarme cybersecurity: nel 2023 in Italia +169% attacchi

Il quadro generale, nazionale e internazionale, della cybersicurezza è sempre più preoccupante. Secondo ai dati del rapporto Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica, nell’anno solare 2022 gli utenti italiani hanno denunciato 188 attacchi hacker, il 169% in più rispetto al 2021.

Nell’83% degli hackeraggi riusciti le conseguenze per i sistemi informatici tricolori sono state drammatiche. Per questo, il governo italiano è al lavoro per potenziare la crescita digitale e la cybersecurity, con 623 milioni di euro attinti ai fondi del PNRR che saranno destinati al rafforzamento della sicurezza informatica.
Gli ultimi dati Clusit impongono la necessità di puntare su informazione e formazione all’uso del digitale. La popolazione va resa consapevole su quali siano gli attacchi hacker più frequenti, e come agire, se possibile, per evitarli. 

Nel 2023 tutte le offensive hanno colpito i portali istituzionali

Stando al Clusit dal 2018 al 2022 i casi di attacchi hacker sono aumentati notevolmente. Una tendenza che sembra confermarsi anche nell’anno in corso. Nel primo semestre 2023 si sono verificati alcuni episodi che hanno avuto una certa risonanza a livello mediatico. Tutte le offensive hanno interessato portali istituzionali.

A marzo i siti ufficiali della Camera, dei ministeri Difesa, Esteri e Trasporti e dell’esecutivo sono stati bersaglio di un attacco del tipo DDoS.
Gli hacker hanno ‘inondato’ di richieste di collegamento fasulle gli indirizzi IP dei server in questione. L’obiettivo era sovraccaricare le pagine fino a mandarle fuori uso. Un attacco analogo, a maggio, ha colpito anche il Ministero del Made in Italy. 

Manifatturiero maglia d’argento per numero di hakeraggi 

Ad agosto, invece, il Ministero della Giustizia è stato oggetto di un pericoloso attacco di tipo ransomware.
Attraverso un software malevolo, i pirati informatici hanno bloccato l’accesso al sito richiedendo un riscatto al governo, affinché ottenesse nuovamente l’accesso ai dati.

Anche nel 2022, però, il settore prediletto dai malintenzionati della rete è stato quello governativo, con il 20% degli hackeraggi totali che ha interessato i siti dei ministeri o i sistemi in capo all’esecutivo.
Ma la medaglia d’argento al secondo settore più preso di mira dagli hacker va al manifatturiero, dove si concentra il 19% degli hackeraggi che hanno interessato il nostro Paese.
Seguono le organizzazioni (16%), l’edilizia (11%), e in misura minore, l’ICT e i settori energetico e finanziario.

I consigli per proteggersi

Per non cadere nella rete dei malintenzionati è bene seguire alcune accortezze, a cominciare dall’uso di servizi VPN, che difendono la nostra rete domestica da connessioni indesiderate.

Ovviamente è importante anche scegliere con cura le password, modificandole saltuariamente, per impedire l’accesso ai dati. Ed è sempre bene installare gli antivirus sui sistemi operativi e mantenerli sempre aggiornati.
Inoltre, è bene effettuare frequenti backup dei dati, soprattutto quelli più sensibili, in modo da non essere ricattabili nel caso di furto di informazioni.

GenZ: meglio lo stipendio o il lavoro dei sogni?

In Italia il 20% degli assunti appartiene alla GenerazioneZ. Per i nati tra il 1995 e il 2010 il driver principale delle scelte che riguardano il lavoro è lo stipendio, che raccoglie il 61% delle ‘preferenze’. Seguono, a pari merito, la volontà di fare un lavoro in linea con i propri studi/interessi, e il bilanciamento tra vita e lavoro, entrambi al 32%.
Fra gli indicatori che riscuotono meno interesse, a sorpresa, emerge l’attenzione dell’azienda verso i dipendenti (12%), e ancora meno successo, riscuotono l’allineamento fra valori personali/aziendali, l’impegno verso la sostenibilità e l’ambiente, e i benefit aziendali, tutti fermi al 9%.

Buone performance ottiene il tema della flessibilità oraria, individuato come componente fondamentale per la scelta del lavoro dal 30% dei GenZ.
Sono alcuni risultati della svolta da Adecco, società di The Adecco Group, in partnership con Teleperformance.

Non rinunciano a interessi e crescita professionale

La GenZ non rinuncia ai propri interessi e alla crescita professionale: 6 su 10 sono disposti ad accettare uno stipendio più basso in cambio di un ruolo gratificante e in linea con gli studi compiuti.

Probabilmente, anche per questa ragione, il 74% dei giovanissimi che già lavorano si dichiara soddisfatto della propria occupazione, e il 40% afferma di avere trovato il lavoro della propria vita.
Più che il lavoro, poi, a creare più preoccupazione sembra la ricerca dello stesso. Per 68% la ricerca di lavoro viene effettuata con sentimenti negativi, legati principalmente a preoccupazione (38%), ansia (31%) o rassegnazione (12%).

Differenze di genere

Lo stipendio è il primo fattore determinante nella scelta del lavoro sia per gli uomini (63%) sia per le donne (60%). Le similitudini, tuttavia, finiscono qui. Al secondo posto, infatti, il 31% degli uomini pone la tipologia di contratto, mentre le donne (39%) un lavoro in linea con i propri studi/interessi.
Al terzo posto per gli uomini della GenZ (29%) si piazza la possibilità di fare carriera, mentre per le donne il bilanciamento vita-lavoro (35%).

Altre differenze emergono nell’importanza attribuita all’inclusività in azienda, che per le donne (16%) è decisamente più importante che per gli uomini (10%). E nell’allineamento fra i valori aziendali e personali, più importante per gli uomini (11%) rispetto alle donne (6%).

Differenze geografiche

Lo stipendio risulta al primo posto in tutta Italia, seppur con alcune differenze percentuali: 68% nel Nord Ovest, 55% Nord Est, 57% Centro, 62% Sud.
Quanto al bilanciamento vita-lavoro, nel Nord Est è un fattore fondamentale per il 34% degli intervistati, contro il 33% nel Nord Ovest, il 28% nel Centro e il 31% al Sud e Isole.

Al Centro, al Sud e nelle Isole la GenZ è più attenta a tematiche ambientali, mentre l’impegno del datore di lavoro è considerato dirimente nel 10% dei casi per tutte le aree geografiche. Non molto lontano dal 9% rilevato nel Nord Est, ma che inizia mostrare un gap decisamente più ampio con il Nord Ovest, dove questo aspetto si ferma al 7%.

Consumi di frutta e verdura: cosa pensano gli italiani dell’alimentazione stagionale?

Nonostante il 96% dei consumatori italiani abbia familiarità con il concetto di alimentazione stagionale, e una percentuale simile (92%) sappia che consumare frutta e verdura di stagione abbia effetti benefici sulla salute e il portafoglio, solo il 47% li mette nel carrello regolarmente durante tutti i mesi dell’anno.
Lo ha scoperto un’indagine condotta dal marketplace virtuale Everli.

I consumatori tricolore sono quindi consapevoli dei vantaggi di comprare e consumare cibi di stagione. Molti (68%) sanno bene che un frutto o un ortaggio stagionale vanta maggiori proprietà nutritive rispetto a quelli non di stagione, e sono consci (32%) che tali prodotti abbiano anche un sapore migliore.
Ma meno della metà applica poi questa consapevolezza alla spesa alimentare. 

Sì durante i mesi estivi e in autunno 

Gli abitanti del Bel Paese sono informati sui problemi relativi a inquinamento e cambiamento climatico, e conoscono quanto gli alimenti di stagione siano ‘amici’ dell’ambiente (51%).
Gli italiani, insomma, sono consapevoli che frutta e ortaggi di stagione favoriscono la riduzione di costi produttivi e logistici e supportano l’agricoltura locale.

De a parte dei consumatori dello Stivale, soprattutto in alcuni periodi dell’anno, fanno capolino anche momenti di reale impegno. Soprattutto durante i mesi estivi.
Forse complici frutti come fragole, ciliegie e pesche, in questo periodo dell’anno gli italiani sono più inclini ad acquisti stagionali (40%). Intenzione che inizia ad affievolirsi, ma rimane, in autunno (16%), mentre in primavera (2,5%) e in inverno (2%) si perde quasi completamente.

No in favore di quello che piace di più 

Di fatto, il 53%dei consumatori non fa sempre la spesa seguendo l’andamento delle stagioni.
Fondamentalmente, per due motivi: optano per ciò che trovano in offerta in quel momento (53%) cercando il miglior prezzo, o preferiscono frutta e verdura che più amano, a prescindere dalla stagionalità (46%).
Gli italiani non sembrano essere particolarmente propensi a modificare le abitudini. Infatti, quasi la metà (47%) non sa se in futuro inserirà o aumenterà il consumo di alimenti di stagione.

Il fattore economico potrebbe fare la differenza

Ancora una volta, è il fattore economico a fare la differenza. Il 76% potrebbe incrementare l’acquisto di frutta e verdura stagionale qualora i supermercati proponessero sconti o incentivi. Lo pensano soprattutto le donne nella fascia d’età tra 27 e 41 anni.

Non solo, l’84% quando si trova tra le corsie e deve scegliere cosa mettere nel carrello ammette di essere in difficoltà. Per loro sarebbe ideale ricevere indicazioni specifiche sui prodotti e negli spazi del punto vendita, con dettagli circa la stagionalità (59%).
Inoltre, il 25% ricorrerebbe volentieri ad app o strumenti online per identificare facilmente gli alimenti di stagione, soprattutto gli uomini tra 27 e 41 anni.

La sostenibilità dei retailer Non Food: cosa ne pensano gli italiani?

Quanto soddisfatti gli italiani dell’offerta ‘green’ che trovano nei negozi? Come valutano se un prodotto Non Food è sostenibile? E quanto lo considerano nelle scelte d’acquisto?
Ma soprattutto, cosa deve fare un’azienda per essere considerata sostenibile?
A queste domande risponde l’ultima edizione dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy. La ricerca ha scoperto che gli italiani considerano sostenibile un’azienda quando realizza prodotti riciclabili/facilmente smaltibili (59,9%), utilizza energia da fonti rinnovabili (45,9%) e garantisce condizioni di lavoro e remunerazioni eque ai lavoratori (37,9%).
Inoltre, deve ottimizzare l’uso delle risorse ambientali durante la produzione (37,3%), che dev’essere a basso impatto ambientale (34,0%), con l’uso di packaging riciclabili/riciclati (32,2%).

Disposti a pagare di più, ma non per tutti i prodotti


Quando si tratta di scegliere quale prodotto sostenibile acquistare, gli italiani considerano soprattutto il ridotto consumo di risorse naturali e le basse emissioni durante il ciclo di produzione e distribuzione (39,3%), le modalità di smaltimento (38,4%), e la possibilità di riciclo/riuso del prodotto o dei suoi componenti (37,5%).
Quanto al fattore prezzo, circa 2 italiani su 3 si dichiarano disponibili a pagare di più per un prodotto sostenibile, ritenendo accettabile un incremento di prezzo del 5%-10% su quello standard, con picchi del 20% per bricolage (18,8%) ed elettronica di consumo (18,2%).
Al contrario, i prezzi più alti dei prodotti sostenibili diventano una barriera all’acquisto per alcuni comparti, quali casalinghi e tessile casa (39,9%), edutainment (39,7%), abbigliamento e calzature (37,2%).

Cosa rende virtuoso un negozio?

Guardando invece ai canali di acquisto, gli italiani che frequentano i punti vendita fisici sono mediamente soddisfatti dello spazio e dell’attenzione che i retailer dedicano ai temi della sostenibilità, ma con margini di miglioramento.
Il 54,9% degli intervistati dà una valutazione intermedia, e il 39,3% alta, ma i pareri sono molto diversi in base ai comparti e al canale considerato.
Ampio è anche il range dei fattori che rendono ‘virtuoso’ un negozio fisico sul fronte della sostenibilità.
Tra essi, in una visione trasversale alle categorie merceologiche, spiccano l’utilizzo di materiali riciclabili per shopper e imballaggi (36,6%), l’assortimento di prodotti pubblicizzati come a basso impatto ambientale (33,7%), la vendita di prodotti in materiale riciclato (28,4%), e il ritiro gratuito di prodotti usati da sostituire (26,5%).

Il problema delle etichette: informazioni poco chiare o insufficienti

Nei maggiori comparti merceologici analizzati dall’Osservatorio Non Food di GS1 Italy emerge, inoltre, l’esigenza degli italiani di ricevere più informazioni, e in modo più comprensibile e semplice, sulla sostenibilità dei prodotti.
Infatti, il 24% cerca sull’etichetta informazioni sulla sostenibilità, ma non le trova, e il 23% le ritiene poco chiare o comprensibili.
Per poter accedere alle informazioni sulla sostenibilità il metodo preferito è quello digitale, tramite QR Code o link al sito del produttore.

Bonus Caldaia: come risparmiare fino al fino al 90%?

Sono diverse le possibilità per usufruire del Bonus Caldaia 2023/2024, anche se non si tratta di agevolazioni cumulabili, e se ne potrà scegliere solamente una.
Di fatto al momento non esiste un’agevolazione indipendente per l’acquisto e l’installazione di caldaie (oppure pompe di calore, pompe geotermiche, sistemi ibridi e collettori solari), ma diversi bonus che consentono di risparmiare sul nuovo impianto, come Bonus Mobili ed Elettrodomestici, Bonus Ristrutturazione, Ecobonus, e Superbonus 90%, che nel 2024 scenderà al 70%.

Sfruttare il Bonus Caldaia 2023/2024 consente però di risparmiare fino al 90% su costi di listino e installazione, a patto di rientrare in determinati requisiti.
Non solo, considerate le nuove disposizioni UE, gli ultimi mesi dell’anno potrebbero rappresentare l’ultima chiamata per coloro che desiderano sostituire l’attuale caldaia con un prodotto più efficiente ma che si serve ancora di combustibili fossili.

I costi vengono recuperati in rate successive


I costi sostenuti vengono recuperati in rate uguali nei successivi 5/10 anni, sulla base del bonus richiesto, mentre fino al 17 febbraio 2023 era possibile richiedere anche lo sconto in fattura, o sfruttare la cessione del credito.

Alcuni venditori hanno però escogitato un espediente: il pagamento di una parte dell’importo attraverso finanziamenti con tassi agevolati, soprattutto per quanto riguarda l’Ecobonus.
Se alcuni requisiti per accedere all’agevolazione restano validi per tutti -possono fare richiesta persone fisiche (proprietari, coinquilini, o conviventi) e imprese, per immobili situati nel territorio italiano non di nuova costruzione – ogni agevolazione prevede requisiti specifici.

Ricordarsi di conservare tutta la documentazione

Se le caldaie sono a condensazione devono avere almeno la classe energetica A, mentre i sistemi di microcogenerazione devono consentire un risparmio minimo di energia primaria del 20%.

In ogni caso, è necessario conservare tutta la documentazione che attesta l’installazione del nuovo sistema di riscaldamento, dalle fatture e ricevute fiscali di tutte le spese sostenute sull’intervento alla dichiarazione di Conformità da parte del tecnico installatore qualificato, fino all’attestazione dei pagamenti e la ricevuta dell’avviso inviato all’ENEA, da effettuare entro 90 giorni dal termine dei lavori.

Dal 2025 vietati i sistemi a combustibili fossili?

Negli ultimi anni le direttive UE sono diventate sempre più stringenti, poiché si approssimano le date ultime per raggiungere importanti obiettivi europei, fra cui il passaggio alla classe energetica E per tutti gli immobili residenziali entro il 2030 (D entro il 2033).
Dal 1° gennaio 2024 scatta poi il divieto di produrre incentivi per sistemi di riscaldamento che si servono di combustibili fossili. Ciò significa che non si potrà più richiedere l’Ecobonus o il Superbonus per installare una caldaia a gas o anche un sistema ibrido che utilizzi in parte un combustibile fossile.
Non solo, tali sistemi di riscaldamento potrebbero essere addirittura vietati a partire dal 2025.

Insomma, restano ancora pochi mesi per richiedere il Bonus Caldaia, in quanto al momento non si sa se nel 2024 verranno introdotte altre agevolazioni per aiutare le famiglie a migliorare i propri impianti di riscaldamento.

Come riconoscere un ambiente di lavoro tossico, e come difendersi

Spesso l’ambiente di lavoro è causa di un livello di stress tale da generare un impatto negativo su sé stessi e le persone che stanno intorno. L’ambiente di lavoro dovrebbe invece essere libero dal pregiudizio, dai giudizi e aperto alla crescita personale e professionale, e favorire produttività, serenità e maggiore creatività dei dipendenti.

In pratica, lavorare in un ambiente sano soddisfa il concetto di sicurezza psicologica che tutti vogliamo appagare.
Quando viene a mancare una sicurezza del genere, si parla di ambiente di lavoro tossico.
Ma come riconoscere un ambiente di lavoro tossico? Jobiri ha individuato alcuni segnali a cui prestare attenzione, nonché le azioni giuste per disinnescare una situazione negativa sul luogo di lavoro.

I 10 segnali della negatività

Mancanza di supporto, eccessivo carico di lavoro, elevato turnover del personale, leadership inadeguata e inefficiente, mancanza di equità, mobbing e atteggiamenti negativi, scarse opportunità di crescita, mancanza di comunicazione, disturbi di insonnia e stress eccessivo, conflitto con l’etica e i valori personali, e mancanza di fiducia tra e verso i dipendenti sono i 10 segnali individuati da Jobiri.
In particolare, la mancanza di fiducia tra e verso i dipendenti è un segnale evidente della presenza di un ambiente di lavoro tossico. Se c’è competizione, invidia, e in generale stati d’animo negativi, non ci potrà mai essere collaborazione, e fiducia nei confronti delle capacità e della professionalità degli altri. Lo stesso vale per il datore di lavoro che non si fida dei suoi collaboratori.

Comunicare sempre in modo aperto e rispettoso

Per affrontare un ambiente di lavoro negativo è anzitutto necessario parlare con i colleghi e il datore di lavoro in modo aperto e rispettoso.
Comunicare, secondo Jobiri, significa essenzialmente tentare di correggere i comportamenti negativi che stanno generando questa situazione.
Provare a restare in un ambiente lavorativo tossico non significa, infatti, accettare passivamente atteggiamenti deleteri, ma tentare piuttosto, nel proprio piccolo, di mettere in atto una serie di azioni positive.

Ad esempio, disinnescare i pettegolezzi, comunicare sempre con i colleghi e far notare loro quando pronunciano parole offensive o poco corrette, ascoltare e dare loro conforto, discutere con il capo riguardo esigenze e obiettivi senza timore.
Se necessario, far presente alle risorse umane la mancanza di politiche inclusive all’interno dell’organizzazione.

Il lavoro perfetto non esiste

Se anche dopo aver messo in pratica gran parte delle azioni consigliate la situazione non cambia né migliora, l’unica opzione da prendere in considerazione è quella di esplorare nuove opportunità di lavoro.

Ma, attenzione: trovare il lavoro perfetto non è sempre facile, e porta sempre con sé la paura della novità e del cambiamento.
Essere disposti a valutare compromessi, mettendo sul piatto della bilancia i pro e i contro è sicuramente il primo passo per prendere una decisione consapevole e serena.

Medico, influencer, pilota: ecco la classifica delle professioni più ambite 

In un’epoca caratterizzata da rapidi cambiamenti nella società, anche le preferenze professionali degli italiani hanno subito notevoli trasformazioni rispetto a dieci anni fa. Lo evidenzia una ricerca condotta da Adecco. I risultati di questo studio mettono in luce un crescente interesse per le professioni sanitarie e quelle legate al benessere psico-fisico. Tale appeal è stato amplificato dalla fondamentale importanza che i professionisti di questi settori hanno acquisito durante i momenti più critici della pandemia negli ultimi anni. 

Dottore, psicologo e nutrizionista: il settore sanitario attira

Ad esempio, l’interesse verso la professione di medico è aumentato del 85% rispetto a dieci anni fa, mentre quello dell’infermiere è cresciuto del 39%. Anche le professioni legate al benessere psichico e fisico hanno registrato un notevole aumento: gli psicologi hanno visto un aumento del 148%, mentre i nutrizionisti sono cresciuti del 349%. Questi cambiamenti riflettono una maggiore sensibilità verso la salute mentale e il ruolo cruciale di una dieta equilibrata per uno stile di vita sano. In contrasto, l’interesse per la professione di personal trainer è diminuito del 5%.

Scrittore, professore e soprattutto influencer: il podio di cultura e spettacolo

Le professioni umanistiche continuano a godere di popolarità in Italia, nonostante le preoccupazioni che l’avanzamento della tecnologia e dell’intelligenza artificiale potesse ridurne l’attrattiva. Al contrario, c’è stato un significativo aumento dell’interesse per le carriere legate alla diffusione del sapere e alla narrazione di storie. Ad esempio, l’interesse per diventare scrittori è cresciuto del 75%, mentre chi desidera diventare professori è aumentato del 78%, e gli aspiranti insegnanti sono cresciuti del 123%. Tuttavia, l’interesse per la professione di archeologo è diminuito del 51%, e quello per il giornalismo è sceso del 9%, probabilmente a causa delle difficoltà economiche che questi settori stanno attraversando. Il settore dello spettacolo e dell’intrattenimento ha subito profonde trasformazioni negli ultimi dieci anni, influenzate dalla diffusione dei social network e dall’ascesa della TV in streaming. Ad esempio, c’è stato un calo del 50% nell’interesse per diventare cantanti e del 13% per diventare youtuber. In contrasto, l’interesse per diventare influencer è aumentato del 505%. Inoltre, ci sono differenze di genere significative, con gli uomini che mostrano un maggior interesse per la professione di modello (+41%) e un minor interesse per quella di attore (-39%), mentre le donne mostrano un calo dell’interesse per la professione di modella (-17%) ma un aumento per quella di attrice (+5%).

Cala il fascino del lavoro di avvocato, giudice e poliziotto

Le professioni giuridiche, come giudici (-20%) e avvocati (-28%), sembrano non attrarre più come una volta, a differenza della professione di notaio, che ha registrato un aumento dell’interesse del 116%. Infine, l’interesse per le professioni legate alla sicurezza e alle forze dell’ordine è notevolmente diminuito, con un calo del 21% per la professione di poliziotto, del 32% per i pompieri e del 42% per i carabinieri. Questo rappresenta una sfida per il Paese, che deve trovare modi per rendere più attraenti queste professioni essenziali per garantire l’ordine e la sicurezza pubblica.

Arriva lo smartphone più atteso del 2023, e i truffatori ne approfittano

Sono numerose le truffe che sfruttano la passione per le innovazioni tech, in particolare per il nuovo iPhone 15 di Apple, di cui il lancio è imminente. Gli esperti di Kaspersky prevedono infatti diversi schermi fraudolenti, con rischi distinti per gli utenti, tra cui possibili perdite di dati e finanziarie. E una delle tecniche più utilizzate fa leva proprio sul desiderio di essere tra i primi a possedere l’ultimo modello Apple, offrendo la possibilità di acquistarlo prima del lancio ufficiale.
“Nell’era digitale, i truffatori si evolvono costantemente e sfruttano il nostro entusiasmo per le novità tech – ha dichiarato Tatyana Kulikova, Security Expert di Kaspersky -. È fondamentale essere attenti, verificare le offerte e proteggere le proprie informazioni personali. Se qualcosa sembra troppo bello per essere vero, probabilmente è così”.

Un acquisto esclusivo per assicurarsi l’iPhone in anteprima

Generalmente, i truffatori dichiarano di poter fornire gli iPhone in anteprima e offrono agli utenti l’opportunità di acquistarli, spesso a un prezzo maggiorato. Ma per assicurarsi l’acquisto ‘esclusivo’, le vittime devono effettuare un pagamento anticipato. Oppure, fornire i propri dati finanziari, oltre a quelli di identificazione personale. Dopo aver effettuato il pagamento, ovviamente i truffatori scompaiono, lasciando le vittime senza l’iPhone promesso e senza i loro soldi. Ma oltre ai rischi finanziari questa truffa solleva importanti preoccupazioni relative alla privacy, dal momento che i dati rubati possono essere venduti sul dark market.

Dopo il pagamento gli utenti non ricevono nulla

Un’altra truffa, invece, offre la possibilità di vincere il nuovo iPhone 15 a fronte del versamento anticipato di una somma minima. Gli utenti sono infatti piuttosto attratti dal desiderio di ottenere gratuitamente un iPhone 15, a dimostrazione di quanto questo lancio sia atteso. Per partecipare al give away è necessario versare una piccola quota, spesso descritta come tassa di ‘gestione’ o ‘registrazione’. 
Tuttavia, dopo il pagamento, gli utenti non ricevono nulla, con conseguenti perdite finanziarie.
Per evitare di essere vittime di queste truffe, gli esperti di Kaspersky consigliano anzitutto di rivolgersi a venditori affidabili e autorizzati, soprattutto per quanto riguarda gli acquisti in anteprima.

Meglio utilizzare canali ufficiali o rivenditori autorizzati

Inoltre, è sempre bene diffidare delle offerte che richiedono pagamenti anticipati per giveaway o per prodotti in pre-vendita. Al contrario, utilizzare canali ufficiali, come il sito Apple o di rivenditori autorizzati, oppure, fare una ricerca sul venditore e controllare le recensioni online dei clienti.
Per quanto riguarda la sicurezza online Kaspersky, consiglia di abilitare l’autenticazione a due fattori (2FA) per proteggere i propri account, soprattutto quelli collegati ai metodi di pagamento, e utilizzare una soluzione di sicurezza avanzata, Ma è bene anche rimanere aggiornati sulle truffe più comuni e sulle best practice di cybersecurity.